E’ da qualche giorno che penso a un dolce da fare. Le idee sono più o meno sempre le stesse, come pure gli ingredienti. Faccio un rapido inventario su ciò che ho in casa: la farina non manca mai. Anzi, per non sbagliare, ogni volta prendo uno o due tipi diversi, non si sa mai… Anche le uova ci sono. E il burro? Poco, ma credo mi basti, altrimenti dovrei optare per l’olio di semi che non piace molto, soprattutto a mio marito. E poi? Che altro manca? Mi accorgo che in frigo c’è un vasetto di yogurt greco, una vera delizia. La sua cremosità darebbe di certo un tocco in più al mio dolce. Inizio a mettere sul tavolo tutto ciò che finora ho scovato. Apro di nuovo la dispensa. Lo zucchero mi guarda con aria di rimprovero. Eh già… avevo preso la farina senza dargli un minimo d’importanza. E’ che di lui non si può farne a meno, altrimenti il dolce risulterebbe un non dolce appunto. A me però non piace abusarne. Sarà anche uno degli elementi essenziali in una torta, ma non è l’unico.
Ora che ci penso, non posso dimenticare di controllare se ho in dispensa il lievito vanigliato, bastano pochi grammi e il dolce si gonfia e diventa soffice e morbido. Se non ci fosse, dovrei rimettere ogni ingrediente al proprio posto. Sarebbe una vera scocciatura, anche perché sentirei crescere in me quella sensazione frustrante di non aver combinato un bel nulla. Senza contare quel genuino desiderio di fare un dolce. A dirla tutta, anche se non trovassi il lievito, potrei continuare cambiando semplicemente ricetta. Potrei fare una crostata, una buonissima crostata al cioccolato o con la crema pasticcera, o con marmellata e mele. Sono quasi tentata ad andare per questa strada, quando spostando vasetti e tisane di tutti i tipi, scorgo una scatoletta bianca e rossa con su la scritta: “Lievito per dolci” cinque bustine. La confezione è aperta e quando ci sbircio dentro, conto tre bustine ancora intere. Ecco… adesso potrei anche scegliere: crostata o torta? Mi piace quando ci sono almeno due cose su cui optare. Preferisco rimanere con la mia prima linea di pensiero. E visto che il lievito c’è, farò una torta. Adesso anche una bustina di lievito giace distesa accanto a farina, zucchero, uova, burro (che nel frattempo si sta ammollando) e yogurt greco. Mi sembra che ci sia un bel po’ di roba. Potrei iniziare ma… Credo manchi qualcosa. Sarà una torta allo yogurt? Non ne sono convinta. Improvvisamente un guizzo mi passa per la mente. E se ci mettessi sopra delle mele? Sì insomma… l’ennesima torta di mele. Sarà anche trita e ritrita, ma è sempre buona. Perfetto, ho deciso. Porto sopra il tavolo anche due belle mele, una gialla e una rossa. L’idea mi piace ma mi fermo subito. Se taglio le mele, poi devo metterle in una ciotola con del succo di limone. Domanda: E’ rimasto ancora un misero limone in frigorifero? La risposta è davvero semplice, basta solo guardare. Apro di nuovo il frigo, estraggo il cassettino dove tengo le verdure e… eccolo lì non uno, bensì due limoni. Devo dire che non sono freschissimi e forse neanche biologici, ma non sono nemmeno da buttare. Ne tiro fuori uno. Poi, non so perché, ma do un’altra sbirciatina sul reparto dei latticini. Ecco… è come pensavo. Controllo la scadenza. Quella ricotta deve uscire da lì, è scaduta due giorni fa. Insomma… adesso il tavolo è davvero pieno. Conto gli ingredienti, mi sembra di fare l’appello come se fossi una maestra. Sembra che ci sia tutto. Fin qui potrei ritenermi soddisfatta. Adesso ho un’idea ben precisa, supportata soprattutto dalle evidenze: gli ingredienti. Eppure, sarò anche pignola o più semplicemente smemorata, ma qualcosa manca, qualcosa che darebbe al mio dolce, un tocco in più, qualcosa che non può mancare perché è un connubio perfetto quando si parla di mele. Ecco che allora apro ancora una volta la dispensa da dove sono usciti un bel po’ di tempo fa, la farina e lo zucchero. E mentre loro se ne stanno buoni ad aspettare che io inizi l’opera, tiro fuori colei che esalterà il profumo del mio dolce, lo farà con grazia come solo lei sa fare.
Signore e signori, fa il suo ingresso trionfale, sua maestà, la cannella. Quando la poso sul tavolo, sembra che tutti si accorgano di lei e le diano il benvenuto. Tutti la amano, perfino lo zucchero anche se sa benissimo che poi chi farà compagnia alla cannella, non sarà lui, ma il suo antagonista per eccellenza, lo zucchero di pura canna integrale. Su quello non c’è bisogno di fare nessuna verifica perché lo tengo sempre sul tavolo.
Tra il pensare a cosa fare e la ricerca di tutti gli ingredienti, un po’ di tempo è passato. Ma adesso è ora di mettersi all’opera. Sì però… un momento. Come procedo? Cerco un dolce di qualche blogger più o meno famosa? Oppure faccio di testa mia? Per sicurezza apro Google e digito: “Torta di mele” Com’era prevedibile, vengo inondata di ricette con o senza burro, con o senza latte, con o senza uova. Sfoglio velocemente e poi in un impeto di sfrenata sicurezza, decido che il dolce lo faccio tutto io. In fin dei conti, conosco le proporzioni. E allora che aspetto? Prendo la bilancia, ma manca ancora qualcosa. Eh già, dove mescolo gli ingredienti? Corro a prendere la terrina grande, quella che uso sempre quando devo fare un dolce. E il cucchiaio di legno? Ecco, perfetto, adesso si comincia sul serio. Per iniziare peso il burro. 110 grammi già belli cremosi che tolgo dal loro involucro e verso dentro la terrina. Adesso metto sulla bilancia lo zucchero, decido che 120 grammi sono più che sufficienti ma, non lo verso subito assieme al burro. Non è che ce l’abbia con lo zucchero, la realtà è che ho dimenticato di fare una cosa importante. Prendo una terrina più piccola e un coltello. Mi siedo. Devo dire che questo mi procura un certo sollievo. Avvicino a me le due mele e comincio a sbucciarle. Devo confessare che questo è un lavoro che non amo particolarmente, d’altra parte, è essenziale se voglio fare la torta di mele, non vi pare? Le taglio finemente, spremo il limone e le inondo, così non anneriscono. Ma non è finita qui perché è arrivato il momento di profumarle di cannella. Adesso tutti quei sottili spicchi di mela, sono immersi in un inebriante sensazione che a me fa pensare alla macchia mediterranea, al mare, ai fichi d’india che crescono spontanei. Penso al sole, alla vita. E poi torno alla mia tavola piena di cose da assemblare. Così, dopo aver fatto un po’ di ordine, verso finalmente lo zucchero e inizio a mescolarlo al burro. Quel movimento lento, senza fretta, mi fa pensare a quante volte l’ansia mi impedisce di vivere con tranquillità la mia vita. Piano piano, con dolcezza, i due elementi si amalgamano tra loro. E quando finalmente burro e zucchero diventano una sola cosa, ecco che a una a una, le uova irrompono donando colore e corposità. E così, anche tuorli e albumi, si uniscono rendendo più consistente quell’impasto voluto da me. Ma per quanto questi tre elementi siano già un buon inizio, la ricotta è lì che scalpita. Sa benissimo che adesso tocca a lei. E così, non la faccio più aspettare. Apro la confezione, elimino quel po’ di siero che si è formato e poi, senza ripensamenti, la verso in un sol colpo sopra il mio bell’impasto. E’ stato un atterraggio morbido, ma non le do neanche il tempo di ambientarsi che la butto nella mischia. E via, si continua a mescolare. Dal basso verso l’alto. Ormai burro, zucchero e uova, sono un tutt’uno assieme alla ricotta. Questo mi fa pensare a quanto sarebbe bello se anche noi umani riuscissimo ad adattarci così facilmente a tutto ciò che chiamiamo diverso. E’ vero che i miei ingredienti non hanno avuto scelta, ma è anche vero che nemmeno noi a volte possiamo scegliere. Ma, bando a queste divagazioni più o meno filosofiche e torniamo alla torta. E’ giunto il momento di pesare la farina. 250 grammi credo vadano più che bene. Prendo un colino e comincio a setacciarla e allo stesso tempo mescolo. Forse ne ho messa un po’ troppa? Ma no! Ci pensa lo yogurt ad ammorbidire l’impasto. Ecco fatto. Verso anche un po’ di liquido delle mele. Oh, adesso sì che il composto è perfetto, è proprio della giusta consistenza. Tutto finito? Si può mettere tutto in teglia? Niente affatto. Cosa ci fa quella bustina di lievito vanigliato sopra il tavolo ormai tutta sola? Penso sia giunta l’ora di aprirla, che dite? Non ho sentito, ma credo abbiate risposto all’unisono che il lievito vada assolutamente messo. Perciò, riprendo il colino e setaccio anche il lievito. E mescolo ancora fino a quando anche l’ultimo ingrediente si è perfettamente inserito all’interno di questo meraviglioso ingranaggio. Ed eccoci arrivati al momento più atteso. Questa volta, ho deciso che il mio dolce sarà di forma rettangolare, perciò, prendo una teglia bassa e rettangolare. Di solito lì ci faccio la pizza, ma stavolta, ci andrà qualcosa di dolce. Taglio un foglio di carta forno e lo inserisco dentro la teglia. Prendo la terrina e facendo molta attenzione, inizio a versare la crema. E chissà perché, mi emoziono. Io e i miei ingredienti, siamo riusciti a produrre qualcosa di bello e buono. Osservo un momento l’impasto ben distribuito, ma non c’è tempo di stare in contemplazione. Avvicino la ciotola con le mele marinate e inizio ad appoggiarle al composto. A una a una ci entrano tutte. E’ giunta l’ora di mettere la mia torta in forno? Sì, ma non prima di averla cosparsa di zucchero di canna. Ecco, adesso il dolce è davvero finito. Inserisco la teglia in forno a 180 gradi e tra una quarantina di minuti il dolce sarà cotto. Non mi resta che pulire la tavola, rassettare, lavare le stoviglie e poi aspettare che la torta sia cotta. Stasera, dopo cena, sarà un dolce modo per terminare la giornata. Sono certa che ogni elemento avrà fatto la propria parte per dare il meglio di sé. E io? Io mi sento un po’ la regista di questa situazione. Ho partecipato ai lavori scegliendo però gli attori migliori. Mentre rivolgo la mia mente ad altre attività, il profumo che arriva dalla cucina, mi fa sentire bene. E prima ancora che suoni il timer, non resisto e vado a controllare. Guardo attraverso il vetro. Sorrido e mi viene da esclamare che la torta è davvero bella! Qualche minuto ancora e poi aprirò leggermente la porticina del forno. Anche lui ha avuto un ruolo essenziale per la buona riuscita di questo dolce. Ed eccolo finalmente! Sarà anche banale, ma una foto è d'obbligo.
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