Emanuela Stievano
Biografia
Emanuela Stievano è nata a Venezia nel 1961
Da quando lesse il suo primo romanzo “Bonjour Tristesse” di Françoise Sagan, la sua passione per i romanzi non si è più interrotta. Verso il finire degli anni novanta del secolo scorso, iniziò a scrivere. Il risultato fu una serie di brevi racconti che la appassionarono così tanto, da provare a iscriversi a un concorso letterario. Il racconto: “Una cena quasi perfetta” arrivò tra i finalisti e successivamente venne inserito nel suo primo libro: “Castelli di sabbia – racconti brevi” pubblicato nel 2003 da Montedit nella collana “le schegge d’oro”. Dopo alcuni anni e un numero considerevole di racconti, decide di iniziare un nuovo progetto: un romanzo che dia risalto e faccia conoscere un’altra sua grande passione: il mondo degli aquiloni acrobatici, così nel 2015, esce pubblicato da Youcanprint: “Io Volo” un must per tutti gli appassionati e non. Da allora i romanzi sono diventati cinque più un libro di fiabe. Altri due sono in lavorazione.
Il suo motto è: “L’immaginazione è il mio film preferito”
Romanzi pubblicati con Youcanprint:
“Io Volo” 2015
“Con il cuore a Norwich” 2018
“A come Aquilone” 2018 (fiabe)
"Silvia" 2021
"Il cielo blu di Tel Aviv" 2021
“Dorothy Profumi e suoni lontani di Provenza” 2022
"Il lago ti chiama" 2023
Finalista nei seguenti concorsi letterari:
Premio O.R.S.A. VENEZIA 2020
“Nell’attesa ti racconto”
Scrivendo Natale 2020
“Natale dagli Harris”
Racconti dal Veneto 2020
“Attorno ad un piano”
Recensioni da "La voce del del recensore " e altri
da "La voce del recensore" https://scritturaviva.altervista.org
Io volo , Youcanprint edizioni, 2016 - romanzo d’esordio
Recensione a cura di Simona Fiorucci Romanzo d’esordio dell’autrice veneziana Emanuela Stievano, è una storia coinvolgente abilmente cucita sulla passione per la disciplina dell’aquilonismo acrobatico. Non è il classico romanzo d’amore, ma un libro nel quale la Stievano ha saputo raccontare le vite di diversi personaggi che si intrecciano, allontanandosi e poi riavvicinandosi proprio come i fili degli aquiloni. Così, come per tenere in equilibrio un aquilone è necessario il giusto impegno, l’esercizio, la costanza, allo stesso modo accade per costruire nuovi rapporti o per recuperare legami affettivi corrosi dal tempo. L’aquilone non è, dunque, per l’autrice così come per Arianna, la protagonista, solo la scoperta di un mondo sconosciuto ed emozionante, ma anche metafora della vita stessa fatta di intoppi, cadute, ma anche risalite, gratificazioni, libertà, libero volo. Ed è proprio il volo libero che Arianna cerca di riconquistare dopo una battuta d’arresto della sua vita. L’occasione le si presenta nel momento in cui decide di fotografare – all’interno del parco di San Giuliano, una grande area verde che si estende fino ai piedi della laguna di Venezia – le acrobazie degli aquiloni in volo. La curiosità per questa particolare e nuova disciplina le consente di conoscere persone che poi diventeranno punti di riferimento importanti della sua vita. Con la descrizione attenta che l’autrice fa in riferimento alle tecniche di volo degli aquiloni, si comprende bene che non si tratta di un gioco per bambini, bensì di un’attività per la riuscita della quale sono necessarie molte ore di esercitazione. Pur descrivendone le “tecniche”, soprattutto nelle prime pagine, il romanzo non è per nulla freddo, asettico, al contrario riesce a coinvolgere il lettore sia che quest’ultimo abbia dimestichezza con tale attività sia che non ne abbia mai sentito parlare. Per alcuni aspetti, nel modo di raccontare traiettorie, volteggi, decolli, atterraggi, acrobazie degli aquiloni, l’opera della Stievano sembra ricordare a grandi linee il celebre romanzo Il gabbiano Jonathan Livingston di Richard Bach – best seller in molti paesi del mondo negli anni settanta che ha appassionato, e continua a farlo, le nuove generazioni – ispirato ad un pilota acrobatico. Una volta che l’aquilonismo acrobatico si impossessa della protagonista fino a diventare parte integrante della sua vita, la trama del romanzo si amplia, si ramifica e l’autrice riesce abilmente a delineare le caratteristiche dei personaggi che entrano di volta in volta a far parte della vita di Arianna. Nascono amicizie importanti come quella con Sergio e Lisa, che la iniziano a tale attività, e sentimenti d’amore per Franz il quale, inizialmente reticente ad accogliere Arianna, sprovveduta neofita / dilettante, si dimostrerà poi capace di grandi gesti. Saranno questi, dopo varie incomprensioni, a ben disporre la protagonista che deciderà di impegnarsi a ricucire il rapporto con sua madre e sua sorella. Ogni capitolo si apre con una novità, e la Stievano è molto brava a tenere desta l’attenzione e a stimolare la curiosità del lettore, impaziente di conoscere i retroscena di determinate situazioni e comportamenti. La scrittura, ben scandita, scorrevole, coinvolgente, consente facilmente al lettore di immedesimarsi negli stati d’animo che accompagnano la protagonista a seconda della situazione in cui viene a trovarsi. Realistico e commovente – soprattutto nei frangenti in cui l’autrice tocca l’intensità, la contraddittorietà e la sofferenza dei rapporti familiari della protagonista – il narrato si dipana in modo ordinato dando il giusto spazio ad ogni novità che l’autrice decide di volta in volta di inserire. Per la nitidezza delle descrizioni, che la Stievano riesce a riportare con dovizia di particolari, soprattutto di alcune situazioni, si ha come l’impressione di essere seduti a guardare un film piuttosto che a leggere un libro. La metafora dell’aquilone come simbolo vita, di libertà, racchiude in sé anche l’elemento/eventualità dell’imprevisto. Così come una folata di vento più consistente può far cambiare rotta all’aquilone facendolo barcollare, allo stesso modo un evento imprevisto può destabilizzare il quieto vivere di una persona. Sarà la destrezza del “pilota” a trasformare questi venti inaspettati in possibilità; cosa che accade anche alla mamma di Arianna, la quale, grazie all'incontro di un uomo che le appare per certi versi invadente, inizia a riconsiderare il suo ruolo di madre, i suoi comportamenti e a desiderare un cambiamento. L’aquilone è altresì metafora di cura, di attenzioni. Come Franz spiega ad Arianna l’importanza del prendersi cura di esso, per esempio la necessità dopo l’utilizzo di posarlo in un determinato modo affinché eventuali folate non lo rovinino, allo stesso modo nel romanzo c’è chi ricorda l’importanza di curare e difendere gli affetti. Un romanzo che è davvero un’interessante traslato della vita con i suoi momenti positivi e negativi, con le sue luci e le sue ombre. Un’opera di indiscusso valore artistico letterario capace di affascinare e far riflettere. Libratevi piacevolmente con questo libro. INTERVISTA Come nasce la passione per la scrittura? Sono stata incoraggiata a provarci. Credo comunque, di aver sempre avuto il desiderio innato di scrivere. Eravamo alla fine degli anni novanta e il mio primo approccio sono stati dei racconti brevi. Ricordo che le prime storie uscirono di getto. Era come se stessero premendo per venir fuori. Era bello perché scoprivo cosa significava la parola “fantasia” e imparavo a “perdermi” in mondi diversi da quello che era la mia realtà. Come nasce l’idea di questo libro? L’idea di questo libro nasce dalla mia passione per gli aquiloni in generale ma soprattutto per quelli acrobatici. Fui incoraggiata da mio marito a provare a farne un romanzo. Molti vedono l’aquilone come un passatempo o un gioco per bambini, con questo romanzo ho voluto sfatare questa idea. Esistono infatti diversi tipi di aquilone e la maggior parte di essi viene manovrata da persone adulte. Non è un libro autobiografico ma ho comunque scelto un personaggio femminile come protagonista. Arianna si avvicina al mondo degli aquiloni acrobatici rimanendo sorpresa e attratta mentre li fotografa. Ho voluto ambientare Io Volo in un posto che conosco molto bene: il parco di San Giuliano di Mestre che si estende fino ai piedi della laguna veneziana, dove gli aquiloni trovano il loro spazio per librarsi in armonia con la natura. Tre aggettivi per definire la sua opera letteraria. Scorrevole, appassionante, romantica. Quali messaggi ha voluto comunicare con la sua opera letteraria? Avevo voglia di scrivere un romanzo che mettesse in risalto come la passione per una disciplina sportiva come l’aquilonismo acrobatico, aiuti le persone a vivere in un ambiente sano a contatto con la natura imparando a conoscere il vento e ad accettare anche fatiche e frustrazioni oltre che innumerevoli ricompense in termini di sensazioni ed emozioni, come quelle che prova la mia protagonista Arianna, curiosa di scoprire cosa c’è dietro quel volo di aquiloni. Cosa pensa del mondo dell’editoria? È un mondo che mi affascina ma allo stesso tempo mi spaventa. Ho scelto il self publishing per i miei ultimi tre libri perché è un buon ausilio per chi come me non è famoso ma ha voglia di raccontare delle storie attraverso i propri romanzi. Dov’è possibile acquistare il suo libro? In tutti gli store online o tramite un ordine in libreria. In che formato è disponibile? Sia in cartaceo che in digitale.
Con il cuore a Norwich , Youcanprint edizioni, 2018
Recensione a cura di Federica Girotti Il grande filosofo Seneca diceva che «ci vuole tutta una vita per imparare a vivere». Preciserei che nessuno può insegnarci a vivere, ma è la vita stessa che lo fa mettendoci alla prova. È ciò che emerge leggendo l’interessante opera di Emanuela Stievano, Con il cuore a Norwich (Casa Editrice Youcanprint, anno di pubblicazione 2018, pagg. 200), una intensa storia all’interno della quale vivono e si snodano altre storie di personaggi che ruotano intorno ai protagonisti principali. E poiché, come si sa, ognuno percepisce e vive uno stesso evento in modalità diverse, la separazione e lo sgretolamento della famiglia possono essere vissuti e raccontati da ciascun figlio a proprio modo, magari suscitando in essi reazioni opposte, e ugualmente vale per i coniugi. A tal proposito, interessante risulta lo stratagemma adottato dall’autrice che intitola varie sezioni del romanzo con i nomi dei diversi protagonisti, così da avere i loro diversi punti di vista. Una scrittura scorrevole e una trama intrigante permettono al lettore un vivo coinvolgimento; ma ciò che rappresenta il punto di forza dell’opera è di certo l’elemento sorpresa che compare a romanzo ben inoltrato, quando il lettore pensa di avere già ben chiara la situazione e il profilo dei protagonisti, e anche quasi al termine, nel momento in cui diventano palesi i veri volti di alcuni personaggi che si dimostrano, invece, molto diversi da come li si immagina in base alla descrizione, fatta dall’autrice, degli eventi iniziali. La Stievano conferma la sua abilità nel ricamare una storia verosimile, dettagliata e convincente il cui svolgimento se al principio, e per buona parte del romanzo, pare puntuale e senza alcuni rilevanti scossoni, improvvisamente sconvolge il lettore che si trova “disorientato” con la necessità di ridefinire il quadro della situazione. Protagonista della storia è Bill Radford, con la sua scelta di abbandonare la famiglia a causa di un colpo di fulmine: Sandra, che lui sente essere il vero amore della sua vita; tanto che trascorrerà insieme a lei ben trentacinque anni! Ma può davvero un padre di famiglia decidere a cuor leggero di fare una scelta così importante e radicale senza alcun rimpianto o senso di colpa e soprattutto senza conseguenze? Può un uomo scegliere di vivere serenamente, lontano dalla sua famiglia, come se tutto ciò che ha fatto e costruito fino a quel momento non avessero senso o importanza? Come saranno gli anni di Bill accanto a questa donna che gli ha fatto letteralmente perdere la testa? Intanto la moglie, Lisette, cerca di andare avanti con la sua vita, risentendo forte il colpo dell’abbandono, essendo molto innamorata di Bill. Cercherà, per quanto possibile, di essere una buona madre per i suoi figli, pur non riuscendo a scongiurare pericoli e difficoltà. Quando Bill deciderà di tornare a Norwich, raccontando della lunga malattia della sua amata, della sofferenza per il timore della perdita della compagna, del dolore per la dipartita di Sandra e della conseguente bancarotta per far fronte alle cure della sua donna si apriranno nuovi scenari in cui verità, ravvedimenti, comprensioni giocheranno un ruolo determinante. Uno dei significati principali dell’opera della Stievano risiede senza dubbio nell’ineluttabilità del destino, al di là delle scelte che si decide di compiere nella vita, come se esistesse un piano metaforico superiore, meno esplicito, che vede la via apparentemente più semplice e giusta non necessariamente la migliore; come a voler dire che certe avversità bisogna necessariamente attraversarle per vedere compiuto il nostro destino più luminoso. E, inoltre, per quanto il destino a volte sembri divertirsi nel far capitare impedimenti o eventi spiacevoli, non è detto che questi ultimi lo siano fino in fondo. Se quindi da una parte esistono eventi che accadono indipendentemente dalla nostra volontà, è anche vero però che all’interno di essi si ha sempre la possibilità di ravvedersi e cambiare strada, mettendo da parte le resistenze e soprattutto l’orgoglio: forse il sentimento più ostico da superare. Altri elementi che emergono sono l’imperfezione della natura umana e la fragilità, che spesso alimentano le scelte, le decisioni o le azioni repentine; così come il modo in cui si vedono le cose che possono essere ben diverse da come appaiono. Al momento del suo ritorno, Bill troverà una moglie cambiata e dei figli che praticamente non conosce. Racconterà la sua versione dei fatti, e per risollevare la sua situazione economica sembrerà avanzare delle pretese. Ma come nei migliori film qualcosa di improvviso e inaspettato scuoterà ancora una volta i già fragili equilibri. Ciò che prima era stato da Bill ben raccontato, diventerà un timore reale questa volta però nei confronti di Lisette, anche se per una situazione completamente diversa. Le novità nel racconto della Stievano sono sempre dietro l’angolo. Non solo per gli appassionati di intrighi, segreti da scoprire e sentimenti, ma anche per coloro che sperano nei lieti finali, il romanzo è decisamente consigliatissimo. Federica Girotti INTERVISTA Come nasce l'idea di questo libro? Questo romanzo è nato un po’ per caso. Un amico mi chiese di scrivere un racconto fantasy. Non avevo mai scritto niente su quel genere, così iniziai a fantasticare. Nacquero allora due personaggi femminili. La prima fu Charlotte, una ragazzina inglese pazza per l'Italia tanto da voler farsi chiamare Carlotta. Sofia, invece, era una adolescente italiana che nascondeva un segreto. Alla fine il racconto fantasy nacque su tutt’altra storia. Avevo però queste due ragazzine che ogni tanto mi tornavano in mente. Un giorno finalmente, pensai che se le avessi fatte incontrare in qualche modo, ne sarebbe nata una storia. Mi piaceva poi questo gemellaggio tra Norwich e Belluno, ma volevo che il romanzo iniziasse e finisse in un altro posto. Pensai a Tenerife, così diversa dalle altre due… Non ci sono delle motivazioni particolari che mi hanno spinto a scrivere questo libro, se non il piacere che provo nel dar vita a dei personaggi che mi ospitano e condividono con me il loro cammino. Destino e scelte autonome. Come si intrecciano secondo lei nella vita queste due "variabili"? Questa domanda meriterebbe un’ampia riflessione. Ogni giorno siamo chiamati a fare delle scelte. Non so se il destino sia collegato ad esse, posso però ammettere di averci pensato trovandomi in certe situazioni che poi hanno influito notevolmente nella mia vita. A volte siamo talmente sicuri di noi stessi da essere disposti persino a prendere decisioni radicali esattamente come fece Bill, il personaggio del mio romanzo. Fu il destino a fare in modo che lui tornasse dopo molti anni sui suoi passi? Non saprei. Di sicuro la vita gli ha dato una seconda opportunità che lui ha saputo cogliere. Bill, il "protagonista", è un personaggio completamente inventato o ha preso spunto dalle caratteristiche di qualcuno di sua conoscenza? Alcuni aspetti della personalità di Bill si possono trovare in molte persone che probabilmente ho conosciuto, ma il personaggio in sé è di pura fantasia. Quali consigli darebbe a chi scrivendo volesse adottare l'elemento sorpresa, caratteristica di questo suo libro? Credo che l'elemento sorpresa in un romanzo, sia essenziale. Se una storia va avanti senza cambi di ritmo, finisce per appiattirsi anche se ha una trama interessante. Quando una storia è prevedibile, significa che il libro ha perso il suo scopo, quello di sorprendere il lettore con situazioni a cui non sarebbe arrivato da solo. In “Con il cuore a Norwich” i personaggi sono tutti un po’ protagonisti. Le loro vite si intrecciano e le sorprese non mancano per nessuno di loro. Mi auguro di averli resi interessanti. Ha in cantiere qualche altro lavoro scrittorio? Ho scritto altri due romanzi e un terzo è già terminato e in procinto di essere pubblicato. I titoli sono: “Il cielo blu di Tel Aviv” e “Silvia” Sono molto contenta di questi lavori. Ogni mio libro racconta storie diverse. Mi piace immergermi in realtà che altrimenti difficilmente avrei conosciuto e in questo, Internet è un ausilio prezioso per ricerche di ogni genere. Tutti i miei libri sono disponibili sulla piattaforma Youcanprint: Lo store di Youcanprint, e su tutti gli store online. A proposito del suo libro... Alcuni hanno definito “Con il cuore a Norwich” un romanzo buonista. Io invece ritengo che il ruolo affrontato dai miei personaggi, abbia più a che fare con la loro fragilità e umanità. A volte sembra che tutto vada a rotoli, che i nostri sbagli ci rimangano tatuati sulla pelle e che non ci sia più speranza. Ecco, io ho cercato con questa storia, di dare un messaggio di fiducia e che si può ricominciare, se davvero lo si vuole.
Il cielo blu di Tel Aviv Youcanprint edizioni, 2021
Recensione a cura di Francesca Autieri Il cielo blu di Tel Aviv, però, non è soltanto una storia di faticosi ricongiungimenti familiari, ma anche un racconto di come nella vita è necessario riuscire ad abbandonare i porti sicuri, la cosiddetta zona di comfort, per mettersi in gioco, per sperimentarsi, per crescere e maturare. Solitamente il distacco dalla famiglia d’origine porta con sé timori, difficoltà e novità, ma sono proprio queste nuove realtà che consentono ad ognuno di diventare l’adulto di domani. L’imprevisto e il non calcolato, chiedendo a chi li sperimenta la necessità di affrontarli, consentono di tirare fuori qualità e potenzialità che magari se non si fossero fatte determinate esperienze non si sarebbe mai scoperto di possedere. C’è chi in qualche modo per cause di forza maggiore si vede costretto ad abbandonare la propria famiglia d’origine come nel caso di Ester – che non vedeva altra alternativa al suo diritto di vivere la propria vita come meglio credeva – e chi invece vive il distacco con relativa tranquillità, come decisione maturata liberamente. E anche in questo caso, quando non ci sono incomprensioni e disaccordi tra figli e genitori, il sostegno di questi ultimi nei confronti dei primi, gli incoraggiamenti, le dimostrazioni di fiducia risultano essere fondamentali per il raggiungimento dell’autonomia. Anche le tre gemelle Green, diciannovenni, decideranno di trascorrere, un periodo di diciotto mesi lontane dalla sicurezza del nido familiare; esperienza che consentirà loro di mettersi alla prova. Il romanzo è ben delineato, e la lettura risulta gradevole e fluida. La scrittura è precisa, attenta e descrittiva, in modo particolare nella prima parte nella quale il lettore riesce a immaginare con facilità ambienti e situazioni. Per chi volesse intrattenersi piacevolmente ma trovare anche interessanti spunti di riflessione, l’opera della Stievano è più che consigliata. INTERVISTA Come nasce l'idea di questa opera? Quando ho pensato a questa storia, il suo titolo provvisorio era “Twins” questo perché avevo in mente di ambientare il mio libro tra gemelli. Sono sempre stata attratta da quello che si dice attorno al loro mondo, alle loro affinità, e a quell’empatia che sembra così forte e marcata. Ho provato a mettere a fuoco le personalità di ognuno di loro cercando di analizzarle, non con occhio clinico, non essendo medico, ma cercando di capire quali potevano essere le loro reazioni se per esempio, fossero stati divisi per un certo periodo di tempo. Cosa ha significato scrivere questo libro? Ha significato immergermi in realtà completamente diverse dalla mia. Un lato che amo molto quando scrivo, è quello della ricerca. Ho studiato molto le abitudini di Tel Aviv. Non avevo intenzione di scrivere un romanzo a carattere religioso ma ho dovuto comunque aggiornarmi su tutto ciò che mi serviva sapere al riguardo. Anche se i miei romanzi sono tutti di fantasia, mi piace ambientarli in luoghi reali e con situazioni che potrebbero capitare a chiunque. Quali sono i messaggi più significativi che ha voluto trasmettere con la sua opera? Uno dei messaggi più significativi riguarda la casa come il luogo d’incontro più naturale per chi la abita. Invece spesso, diventa difficile conviverci, a volte persino impossibile come nel caso di Ester. Le notizie di maltrattamenti fisici in famiglia, sono comuni purtroppo, ma spesso, le violenze, si manifestano sotto forma di sopraffazioni e prepotenze da parte degli stessi familiari verso chi dovrebbero amare e proteggere. Queste, sono cose che non si vedono ad occhio nudo. Nonostante tutto, in questo romanzo, ho cercato di tirar fuori il meglio anche da chi sembrava spacciato, ma anche dar voce a chi è solo, e vive di ricordi come lo zio Gad, un uomo che darà un notevole contributo affinché Ester riesca nel suo intento. Ha in cantiere qualche opera similare? Sì, ci sono altri due romanzi ancora in fase di ultimazione. A proposito del suo libro... “Il cielo blu di Tel Aviv” è un romanzo che si legge con scorrevolezza. I personaggi sono molti ma le loro storie si intrecciano in un groviglio ordinato così che diventa facile seguirli. È un cammino verso la vita e quindi, un messaggio di positività. A volte basta davvero poco, come per esempio uscire dalla propria area di confort per scoprire ciò che la vita ci riserva. "Il cielo blu di Tel Aviv" è disponibile in tutti gli store online sia in cartaceo che in formato e-book.
Silvia Youcanprint edizioni, 2021
Recensione a cura di Marisa Francavilla Possiamo ancora vedere la luce di stelle che non esistono più da secoli… (Khalil Gibran) … Così come sentirci riempiti e illuminati attraverso la testimonianza scritta di chi non abbiamo avuto il piacere di incontrare ma che sentiamo far parte della nostra vita. (Anonimo) Non si sono mai conosciute Silvia nonna e Silvia nipote. Gli eventi hanno deciso per loro. Le loro vite sono andate avanti in dimensioni diverse, l’una spirituale e l’altra terrena. Nonna Silvia, appassionata di scrittura e pittura, ha abbandonato questo mondo, ma non senza lasciare la sua impronta, perché, si sa, la peggior cosa che possa capitare a un essere umano durante la vita terrena è quella di non essere conosciuti, compresi per ciò che realmente si è. Sarà Silvia nipote a trovare nella casa della nonna un diario che l’accompagnerà nel suo presente e le consentirà di avvertire quella vicinanza e quell’amore che sicuramente le sono mancati, e di ricostruire le sconosciute verità che avranno delle conseguenze importanti nella sua vita e nei suoi rapporti futuri. È di questo che tratta l’opera di narrativa Silvia (Youcanprint, anno di pubblicazione 2021, pagg. 184) dell’autrice Emanuela Stievano, la quale con abilità, saltando indietro nel tempo attraverso le descrizioni che la nonna racconta nel diario e ricamando i giorni della giovane Silvia, ci consegna un romanzo davvero coinvolgente e singolare. Il caso vuole, ma come è noto e condiviso il pensiero che nulla capiti mai per caso, Silvia nipote, per necessità di studio, dovendo iniziare a frequentare la Facoltà di Psicologia dell’Università di Padova, necessita di un alloggio in cui abitare. E così il padre le propone di andare a vivere nella casa di Padova della nonna, disabitata da anni, ancora di sua proprietà, dove appunto Silvia rinviene il prezioso diario. La storia della nonna prende vita sotto gli occhi della nipote che non riesce a staccarsi da quelle pagine scritte anni addietro. Così pian piano Silvia ricostruisce la storia della donna che non ha mai conosciuto: le sue gioie, i suoi tormenti, le sue difficoltà, fino agli ultimi giorni di vita. Un altalenarsi di sensazioni ed emozioni che distolgono la giovane dal suo quotidiano, determinata ad andare fino in fondo per capire scelte e decisioni della sua omonima. La vita della ragazza sembra così passare in secondo piano, almeno fino al termine della lettura del diario, poiché sarà da qui in poi che si ricostituiranno i legami e si acquieteranno gli animi di coloro che erano rimasti senza risposte per lungo tempo; perché la realtà può essere anche molto diversa da ciò che appare. L’autrice dimostra di avere una scrittura armoniosa e scorrevole, oltre che accattivante. Che la Stievano sia in grado di scandagliare gli angoli più riposti dell’animo umano è già noto a chi ha avuto modo di approcciarsi ad altre sue opere di narrativa. Tuttavia in quest’opera prevale l’aspetto pratico della descrizione di una realtà che, per quanto possa coinvolgere emotivamente, appare spesso dura, fredda, descritta quasi con un’impronta verista, motivata dalla necessità di narrare la durezza dei fatti e la descrizione di situazioni che non vogliono dare spazio a particolari riflessioni introspettive di chi si trova a fare i conti con la vita e deve prendere velocemente delle decisioni. L’autrice sembra ben dosare le novità che distribuisce abilmente nei vari capitoli riuscendo a mantenere desta l’attenzione del lettore. Brava nel mettere in primo piano, sia nel diario redatto dalla nonna sia in quelle vissute da Silvia nipote nel presente, alcune descrizioni rispetto ad altre alle quali relega un’importanza secondaria, ma che si dimostrano pur sempre utili alla riuscita della storia. Un romanzo che fa molto riflettere sulla chiusura mentale, sul timore del giudizio altrui che può essere così forte da far mettere da parte i sentimenti d’affetto e il valore della sacralità della famiglia, distruggendo rapporti importanti, ma anche sulla forza di volontà e sulla determinazione di chi, pur nelle mille difficoltà e ingiustizie che la vita pone dinanzi, non si preclude la possibilità di osare, sognare ancora, amare, nel senso più ampio del termine, e desiderare il meglio per la propria vita. Non è tanto la storia a fare la differenza quanto il modo in cui l’autrice la racconta, facendo emergere la spontaneità e l’autenticità di nonna Silvia nel suo percorso di vita che la vede alle prese con la prima infatuazione e con quello che lei sperava fosse amore; un’autenticità che le dà la forza di sopravvivere a difficoltà e ingiustizie e che la rende capace di provare amore anche nei confronti di chi l’aveva allontanata senza troppi scrupoli… E anche quando lei non c’è più, le sue parole costruiscono ponti e realizzano piccoli, grandi miracoli. INTERVISTA Cosa rappresenta per lei la scrittura? Per me la scrittura, oserei dire che è un processo vitale. Pur rimanendo coi piedi ben piantati in tutto ciò che mi circonda, non posso fare a meno di lasciarmi trasportare da situazioni che non mi appartengono ma che immagino. È un continuo fantasticare riempiendo tasselli come se stessi costruendo un puzzle. Scrivere allora diventa una necessità perché riesco a dare voce alla mia immaginazione. Com'è nata l'idea di questo libro? Silvia è un romanzo nato in quel periodo incerto che è iniziato a marzo 2020. Un giorno, mentre ero chiusa in casa, visualizzai una scena assolutamente reale per quel periodo: una ragazza al suo primo anno di università bloccata in una casetta da sola alla periferia di Padova. D’improvviso si trovava a dover modificare la sua routine quotidiana. La immaginai un po’ disorientata in quella nuova situazione. Le lezioni non più in presenza, gli amici e la sua famiglia lontani. Ma volendo trovare un lato positivo in tutta questa storia, pensai al tempo che aveva a sua disposizione e che poteva sfruttare, magari riflettendo su cose che altrimenti sarebbero state dimenticate o accantonate, e a cercare risposte sulla sua famiglia paterna, per esempio. Quell’atmosfera surreale veniva amplificata anche dal fatto che si trovasse proprio nella casa della nonna paterna che non aveva mai conosciuto, quella donna che aveva avuto il suo stesso nome: Silvia. Sono convinta che in quel periodo definito lockdown, molti avranno avuto esperienze strane, di certo tutti abbiamo dovuto fare delle modifiche e adattamenti alle nostre vite. Chissà se qualcuno si riconoscerà, magari in parte, leggendo il mio romanzo. Quali sono secondo lei le caratteristiche che non dovrebbero mai mancare ad uno scrittore? Credo che a uno scrittore non dovrebbe mai mancare la fantasia ma senza perdere di vista la realtà. Quali consigli darebbe a chi volesse approcciarsi alla scrittura? Il mio consiglio è quello di provarci. Quando iniziai a scrivere racconti, fui sorpresa di scoprire quante cose avevo dentro di me che sconoscevo totalmente. Quindi… non costa niente tentare. Ha in cantiere qualche altra opera? Ho appena pubblicato sempre con Youcanprint un romanzo dal titolo: “Dorothy - Profumi e suoni lontani di Provenza” e altri due manoscritti sono terminati e in fase di editing.
Dalla "Rubrica letteraria la maiuetica" a cura di Teresa Laterza Il potere della parola scritta oltre i confini del tempo Intervista a Emanuela Stievano, autrice dell'emozionate romanzo "Silvia" Tutto ciò che può essere raccontato è soggetto all’oblio del tempo, alla dimenticanza… Le parole scritte invece hanno il potere di conservare la memoria e di restituire significati e verità che possono cambiare il modo di vedere la realtà, le relazioni e il corso degli eventi, an- che a distanza di molti anni. Attraverso la trascrizione degli avvenimenti significativi della sua vita, in un dia- rio, Silvia, ormai non più in vita, racconterà gioie e soprattutto delusioni della sua esistenza che “casualmente” incontreranno gli occhi attenti della ni- pote, sua omonima, la quale ritrovando il prezioso dia- rio e scorrendo le dense pagine scritte dalla nonna, al- laccerà quel legame, capace di oltrepassare la dimen- sione dello spazio e del tempo, che le consentirà di vi- vere e sentire empaticamente le forti emozioni di lei, il peso delle decisioni, il coraggio, ma anche la determi- nazione di una donna che pur nella difficoltà dei tempi ha saputo, con la forza prorompente dell’amore, inteso in senso universale, resistere alle “intemperie” e opera- re importanti cambiamenti anche nelle persone che non ha avuto la possibilità di conoscere nel suo percorso terreno. È questo che racconta Emanuela Stievano nel suo romanzo Silvia (Youcanprint 2021). INTERVISTA Quali messaggi ha voluto lanciare con il suo roman- zo Silvia? Silvia è un romanzo ambientato in quel periodo partico- lare che è iniziato a marzo 2020. Ciò nonostante, ho cercato di lasciar fuori le ansie e le preoccupazioni che riguardavano la pandemia. Il mio scopo era quello di scrivere una storia che prendesse solo lo spunto dal lo- ckdown e facesse riflettere sul fatto che a volte si può tirar fuori qualcosa di buono anche da situazioni appa- rentemente negative. Quando ha scritto quest’opera aveva già tutta la sto- ria in mente o l’ha elaborata strada facendo? Avevo in mente la prima parte. Immaginavo una situa- zione che sarebbe potuta succedere in quel periodo: una ragazza che all’improvviso si trova costretta a rimanere nella casa della nonna paterna completamente sola. È al suo primo anno di università a Padova, e quest’obbligo la porta a modificare la sua routine quotidiana; niente lezioni in presenza e niente uscite con gli amici che ha da poco conosciuto. Insomma… una totale rivoluzione nella sua giovane vita. La nonna che non ha mai cono- sciuto, della quale porta il nome, è sempre stata un mi- stero per lei, ma il ritrovamento di un diario le darà mo- do di scoprire molto su di lei e su suo padre. Fin qua, le idee erano abbastanza chiare. Ma è proprio quello che si sconosce che fa diventare interessante il proseguo della storia. È come fare un salto nel buio per scoprire che i sostegni ci sono, basta solo afferrarli. Così, a ogni pas- so, il libro prendeva forma. Perciò, l’arrivo di nuovi personaggi, la scelta dei loro nomi e dei ruoli che avrebbero avuto all’interno del romanzo, i luoghi che sarebbero stati scenario di avvenimenti importanti, sia nel presente che nel passato, nonché le situazioni e i drammi familiari, sono tutti attivati strada facendo. Come ha scoperto la sua passione per la scrittura? Io non avrei mai pensato di mettermi a scrivere, anche se ho sempre amato i libri dall’adolescenza. A volte però pensiamo di conoscerci, quando i primi a non credere nelle proprie potenzialità, siamo noi stessi. Un giorno, eravamo verso la fine degli anni novanta, una persona a me cara mi incoraggiò a provare. A quel tempo mi trovavo in Sicilia. Vivevo alle pendici dell’Etna, un posto che serberò sempre nel mio cuore. Fu lì che iniziai e che mi appassionai alla scrittura. I primi racconti vennero fuori di getto; era come se stes- sero premendo per uscire da dentro di me. Erano sem- plici, naturali, sinceri, ingenui… Mi piaceva dar voce agli oggetti, come ombrelli dimenticati o valige in vi- aggio. Creavo storie surreali, tirando fuori cose che non sapevo di avere dentro di me. Era bello perché sco- privo qual era il significato della parola fantasia e im- paravo a perdermi in mondi diversi da quella che era la mia realtà. Fu una bella scoperta. Cosa vorrebbe dire a chi si accinge a leggere il suo libro? Vorrei ringraziarli per averlo scelto tra migliaia di altri titoli. È sempre un’emozione per me scoprire che qual- cuno ha deciso di leggere il mio libro. Spero che si ap- passionino ai personaggi che ho creato e che mi hanno fatto compagnia durante tutto questo viaggio. E poi, mi auguro che lo trovino piacevole, che faccia provare loro delle emozioni, come io le ho provate scrivendolo, e che sia spunto per riflessioni e non soltanto un mo- mento di svago. Secondo lei come si diventa uno scrittore? Potrei dire che scrittori si diventa scrivendo, ma biso- gna essere umili e riconoscere i propri limiti. È impor- tante avere le basi grammaticali. Essere costanti in ciò che ci siamo prefissi. Continuare a provare, cancellare e rifare. Non si scrive una volta ogni tanto, deve essere una cosa che va alimentata. L’ideale sarebbe scrivere qualcosa tutti i giorni. Io ho sperimentato personalmen- te tutte queste cose. Penso che, se si ha la passione, prima o poi qualcosa di buono verrà fuori. Com’è cambiata la sua vita scrivendo? Posso dire in tutta onestà che la mia vita è diventata molto più ricca di prima, non in senso materiale, ma dentro di me. Scrivo con regolarità da una decina d’anni e devo dire che una delle sorprese più grosse è stata quella di scoprirmi capace di tirar fuori la grinta quando serve, di diventare cattiva o magnanime, a se- conda del caso. Ho anche imparato a immedesimarmi nei bisogni di personaggi di tutti i tipi. È bello entrare nei pensieri di un anziano, o nei desideri di un bambi- no. Insomma… a me è sembrato quasi un miracolo riuscire a diventare un tutt’uno coi miei personaggi. In questi ultimi anni ho dovuto superare dei momenti molto difficili e ho scoperto che la scrittura è anche terapeutica, ti estrania da ciò che è il tuo presente per- ché ti costringe a pensare alla storia che stai scrivendo, a essere lì, assieme ai tuoi personaggi. In quel momen- to, quello è il mio mondo. Come trova l’ispirazione per scrivere? L’ispirazione arriva in vari modi, a volte sono pensieri che mi vengono improvvisi, altre volte capitano in for- ma di sogno. Questo è successo proprio qualche setti- mana fa. Era un sogno che mi vedeva spettatrice. Così, l’ho trascritto; prima o poi proverò a svilupparlo. Il mio ultimo romanzo invece, Dorothy. Profumi e suoni lon- tani di Provenza è nato dal tema di un concorso lettera- rio a cui ero quasi intenzionata a partecipare. Si trattava di sviluppare un racconto basato sui sette vizi capitali. Un giorno, mentre facevo una passeggiata, improvvisa- mente ebbi un’idea. Quando tornai a casa, iniziai subito a scrivere. Non partecipai al concorso ma, grazie a quell’ispirazione, scrissi il mio quinto romanzo. Quale sensazione prova quando finisce di scrivere un romanzo? Mettere la parola fine a un romanzo mi fa provare ogni volta sensazioni contrastanti. Da un lato, mi sento quasi orfana dei miei personaggi, ma allo stesso tempo sento una piacevole percezione di soddisfazione per essere riuscita a portare a termine un altro progetto che mi ha arricchito, facendomi conoscere cose nuove, attraverso le numerose ricerche fatte durante questo percorso. Il suo romanzo può essere definito un libro al fem- minile perché… In Silvia c’è una folta compagine femminile, il titolo stesso lo afferma. C’è però una grande differenza tra le esperienze che fa Silvia nonna, rispetto a quelle di Sil- via nipote. Silvia nonna, nel corso della sua breve vita, incontra tanti ostacoli, alcuni di questi hanno il volto di donne che, invece di essere solidali con lei, non fanno nulla per proteggerla. È il caso della madre che si schiera col marito quando questi caccia di casa Silvia. La solidarie- tà a volte arriva da perfetti estranei, come le due suore che le offrono sostegno e che cercano di aiutarla pren- dendosi cura del suo bambino per permetterle di rivede- re la persona che ama. Le cose potrebbero andar me- glio, ma sulla sua strada troverà un’altra donna: Grete, che sarà poco incline a farla sentire a casa. Altre donne le saranno amiche, penso a Else e Benedikte, ma non basteranno a farla sentire finalmente felice perché Grete ha solo un obiettivo: allontanare Silvia dalla sua vita e da quella di suo figlio Alexander. Verso la fine dei suoi giorni Silvia ritroverà Sonia e Isotta, le sue due sorelle. Saranno loro a darle quella spinta necessaria per torna- re ad avere un po’ di fiducia nella vita. Infine, grazie a Silvia, quella nipote mai conosciuta, le sarà resa un po’ di giustizia attraverso quelli che erano i suoi pensieri, le sue paure, le sue gioie, soprattutto i suoi rimpianti scritti tra le pagine del suo diario. La storia della Silvia dei giorni nostri invece è differen- te, ha una madre premurosa, ma non asfissiante. Anche il ruolo di Giada, un’amica conosciuta da poco, sarà fondamentale per lei. Inoltre Silvia riuscirà a conoscere Sonia e Isotta, quelle due zie che non hanno dimentica- to la loro sorella maggiore e che, attraverso i loro rac- conti, le faranno amare la nonna ancor di più. Infine, un altro personaggio femminile a mio parere molto positivo è quello che porta il nome di Amanda. È la bambina che Silvia nonna è costretta ad abbandonare in Finlandia. Per molto tempo la bambina aspetterà che Silvia ritorni da lei cercando, almeno nei primi tempi, di mantenere quel contatto scrivendole. Forse non le sarà facile capire questa situazione, ma non la odierà mai, anche grazie a suo padre che ha sempre cercato di non far perdere alla figlia il rispetto per la madre. E quando ai giorni nostri Silvia nipote contatterà Aman- da, lei si renderà disponibile, felice di poterla incontra- re. Ma il mio romanzo non ruota soltanto attorno a per- sonaggi femminili. Ci deve essere sempre il posto per l’armonia e lo scontro, per la gioia e il dolore, per l’uomo e la donna. La vita è bella anche per questo, sia essa reale che virtuale. Quanto e come pensa sia utile promuovere le pro- prie opere letterarie? Promuovere il proprio lavoro serve, se si desidera farlo conoscere a un pubblico più vasto che non sia solo quella ristretta cerchia di amici e conoscenti. I canali sono tanti: Youtube, Facebook, nuove piatta- forme come TikTok. Io personalmente utilizzo una pagina Facebook dove pubblico mensilmente brevi racconti per suscitare l’attenzione di nuovi lettori. Inol- tre, da alcuni mesi ho un mio sito web. Lì, pubblico attraverso un blog, i miei lavori, le interviste e promuo- vo i miei romanzi. Inoltre, tramite Youcanprint, la piat- taforma che mi permette di pubblicare in self, ho aderi- to a una campagna su Amazon per promuovere uno dei miei ultimi libri: Il cielo blu di Tel Aviv, dove ho otte- nuto qualche risultato, anche se non siamo a livelli di grandi cifre. Attualmente, in promozione, sempre su Amazon c’è Dorothy. Profumi e suoni lontani di Pro- venza. Sarà interessante vedere dove porterà il mio li- bro. Anche le recensioni sono importanti, soprattutto se fatte da professionisti, come Scritturaviva.it che ha re- censito positivamente i miei primi quattro romanzi. Anche questa intervista mi sta permettendo di promuo- vermi dandomi l’opportunità di parlare del mio roman- zo e non solo. Quando scrivo, non penso mai a quello che succederà dopo; ciò nonostante, è bello sapere che prima o poi, qualcuno terrà in mano quel manoscritto, dopo averlo scelto tra le tante librerie online. E chissà… magari un giorno, anche tra gli scaffali delle novità, dove poterlo toccare, sfogliare e forse acquistare.
Dorothy , suoni e profumi di Provenza, Youcanprint edizioni, 2022
Recensione a cura di Francesca Autieri «La misura dell’intelligenza è data dalla capacità di cambiare quando è necessario», Albert Einstein. «La buona arte è quella che ti lascia entrare da tante angolazioni diverse e uscire con tante prospettive diverse», Mary Schmich. È una storia coinvolgente quella che ci racconta Emanuela Stievano con il suo libro Dorothy – Profumi e suoni lontani di Provenza (Youcanprint, anno di pubblicazione 2022, pagg. 270). In realtà è la figlia di Dorothy, Isabelle, a raccontare di sua madre, nata in Germania all’inizio del ’900. Intrighi, sotterfugi e scenari sempre nuovi si presentano con dinamicità sotto gli occhi del lettore. La penna garbata e sicura dell’autrice descrive le vicissitudini della protagonista dall’infanzia all’adolescenza e al suo affacciarsi all’età adulta. La vita di Dorothy fino all’età di dieci anni appare tranquilla, poiché la bambina, nonostante l’assenza della madre venuta a mancare nel darla alla luce, cresce con le attenzioni di chi fa parte del suo quotidiano; in particolare Ursula, la cuoca, che considera Dorothy come se fosse sua figlia. A riempire le giornate della piccola ci sono anche Anselma, la sua insegnante (il padre di Dorothy ha deciso per gli studi privati) e Egon il maestro di violino. Dorothy eredita la passione per il violino e per la musica da suo padre Frederick, affermato violinista, uomo freddo e taciturno. Figura importante per la protagonista è senza dubbio la zia Anna, brava artista, appassionata di pittura, che la riempie di affetto e di regali quando periodicamente va a trovarla, allietando le sue giornate e quelle dell’intera casa. Dopo il decimo compleanno purtroppo però la vita di Dorothy peggiora inesorabilmente, poiché si trova presto a fare i conti con la nuova moglie del padre, Fedosia – cantante lirica che per via di un problema alle corde vocali aveva dovuto interrompere la sua carriera – donna severa, fredda, calcolatrice e dal passato oscuro. Una volta entrata in casa, Fedosia stravolge tutto, arrivando persino a far licenziare Ursula, punto di riferimento stabile per la piccola. Al suo posto viene assunta Olga, amica e alleata di Fedosia. Frederick diviene completamente succube della nuova moglie, fino al punto di credere a lei, che accusa la piccola di essere incline al peccato, e non a sua figlia e al malessere di quest’ultima che viene maltrattata, mortificata, punita ingiustamente, e alla quale viene impedito addirittura di suonare il violino, attività artistica vitale per Dorothy. A un certo punto accade qualcosa di eclatante che fa ravvedere Frederick, il quale decide di far partire sua figlia con la zia Anna, sorella di lui. Da questo momento in poi il romanzo si apre a nuovi scenari, coinvolgendo diversi personaggi. La penna dell’autrice è delicata e scorrevole quando serve, forte e immersiva quando è necessario; tuttavia, più che dai sentimenti e dalle riflessioni dei personaggi come per le opere precedenti della Stievano, la storia dà particolarmente rilievo agli eventi. Sono poche le introspezioni, e i fatti sembrano dettare le regole fondamentali dei giochi. Brava l’autrice nel delineare distintamente i due filoni del racconto: quello di Francoforte dove vive il padre di Dorothy e quello di Provenza dove invece si dipanano la vita della ragazza e quella della zia, attorno alle quali ruotano altri personaggi. La Stievano riesce a imbastire una storia convincente e verosimile, richiamando tuttavia alla memoria figure storiche di matrigne cattive delle fiabe, come quelle di Biancaneve e Cenerentola, con tutti i risvolti che tali presenze oscure e ingombranti possono avere sui protagonisti. Ma la differenza è che in questo racconto ognuno avrà la possibilità di redimersi, poiché la vita offre sempre una seconda alternativa. Errare è umano ma cambiare è necessario; tutto dipende dalle decisioni che si prendono… E i personaggi della storia raccontata dalla Stievano potranno prendere la via della saggezza. L’autrice ci invita a riflettere su come dense esperienze pregresse possano essere responsabili di comportamenti negativi e ostinati, e su quanto le passioni artistiche racchiudano il senso e la verità dell’esistenza. Non poteva mancare la storia d’amore tra Dorothy e Gabriel, anche se non è l’unica a essere raccontata nelle pagine, che non sarà per nulla semplice in quanto osteggiata da chi, con la mania del controllo e del desiderio di piegare gli eventi ai suoi voleri, farà di tutto per sabotarla. L’autrice ci regala un epilogo interessante e per niente scontato, facendo riemergere la dolce voce narrante, quella di Isabelle, figlia di Dorothy, appunto, la cui realtà chiude il cerchio di una storia e ne apre un altro caratterizzato da quegli insegnamenti che sua madre le ha lasciato: l’amore per la musica, per la vita, il valore delle cose, l’ascolto del cuore per conoscere la verità. INTERVISTA Cosa l’ha spinta a scrivere quest’opera? Mi aveva incuriosito il tema per un racconto breve abbinato a un concorso letterario che si basava sui “sette peccati capitali”. Non avevo mai riflettuto su queste tematiche e non avevo idee al riguardo. Ciò nonostante, ci pensavo. Alcuni giorni dopo, mentre facevo una passeggiata in solitaria, qualcosa è scattato nella mia mente perché ancora prima di tornare a casa, un abbozzo di trama era già nella mia testa. Non partecipai a quel concorso letterario, ma quel giorno diedi vita al mio quinto romanzo. Si è ispirata a qualcuno in particolare delineando il personaggio di Dorothy? No. I miei personaggi nascono tutti dalla mia immaginazione perciò anche Dorothy è di pura fantasia. Qual è il messaggio più significativo che ha voluto far emergere? Un messaggio di speranza, di cambiamento, di rinascita, ma anche di pazienza e perseveranza. Questo è ciò che mi hanno insegnato soprattutto i miei personaggi femminili. Dobbiamo tener conto del contesto storico in cui è ambientato il romanzo. Siamo negli anni venti del novecento. Oltre alla mia protagonista Dorothy, che pur nella sua fragilità è riuscita a emergere, penso a Margot che desiderava uscire da un cliché già confezionato apposta per lei per vivere la vita che desiderava andando contro la sua famiglia. O ad Anna che nonostante fosse più che benestante, ricercava nell’arte, in particolar modo nella pittura, il senso della sua esistenza. È stato interessante incontrare tutte queste donne e ognuna a suo modo ha contribuito a darmi una speranza per il futuro. Ancora una volta ho capito che dietro a determinati comportamenti, c’è molto più di un semplice e frettoloso giudizio. Brigitte, donna all’apparenza frivola ed egoista, alla fine riesce a sorprendere per essere stata capace di tornare sui suoi passi. E poi c’è Gloria. Il suo ruolo di amante, potrebbe apparire discutibile e scomodo, invece è stato un esempio di maturità, pazienza e saggezza. Ci sono anche personaggi negativi come quelli di Fedosia e Olga, due donne dalla personalità ambigua. Il loro è un modello in cui emerge premeditazione e cattiveria e dove la parola pentimento non si evince. Sono in netto contrasto con chi ha dimostrato di avere un animo più disposto alla crescita interiore, una qualità necessaria per arrivare alla propria verità. Concludo questa carrellata di personaggi femminili con Isabelle, la mia narratrice, colei che ha portato alla luce la storia di Dorothy, sua madre. Il suo è un messaggio di amore filiale incondizionato, un amore ancora vivo nonostante l’inclemenza del tempo che passa. A proposito del suo libro… Ogni volta che concludo la stesura di un romanzo, sento di essermi arricchita di qualcosa che prima non avevo. Esplorare dei territori, sia pur virtualmente, mi emoziona sempre. Questa volta sono partita da Francoforte in Germania. Siamo nei primi anni del novecento, i cosiddetti anni ruggenti. Ho cercato di immergermi letteralmente in quel tempo. Sì, perché quando scrivo, io sono là assieme ai miei personaggi. Da una Germania poco soleggiata, Dorothy scopre a quindici anni un altro tipo di ambiente. Grazie a zia Anna, farà un lungo viaggio in treno verso la Francia. Ma se Parigi la travolge con la sua magnificenza, di Aix-en-Provence si innamora. Sono complici I fiori, la lavanda, il clima piacevole, nonché un violino suonato da un bel giovane francese. Quel mondo che fino a quel momento le è sconosciuto, diventa vitale per lei, una colonna sonora incredibilmente piacevole. Ma un mondo fatato, a volte può riservare delle insidie e queste non mancano nel mio romanzo. Come sempre, i miei personaggi mi guidano attraverso gli avvenimenti che li riguardano. E così, Dorothy decide di seguire suo padre in America, in una città grande come New York che, col tempo, imparerà ad amare. Le storie che racconto sono ispirate solo dalla mia immaginazione, ma le situazioni che descrivo, possono accadere realmente, per questo spesso mi chiedo cosa farei io se mi trovassi in situazioni analoghe a quelle dei miei personaggi. Queste considerazioni mi aiutano a riflettere. Mi spingono ad approfondire me stessa e a dare un valore aggiunto al mio lavoro. Ha in cantiere qualche altro lavoro letterario? Sì, in questo momento sto scrivendo un nuovo romanzo, ma altri due sono terminati e in fase di editing.
Il lago ti chiama, Youcanprint edizioni, 2023
recensione a cura di Angela Perrotta Non si parlerà mai abbastanza del valore dell’amicizia, che rimane il sentimento più puro per eccellenza. Tale affetto che lega una o più persone è fra i più sfaccettati che l’essere umano sia in grado di provare, capace di risollevare nei momenti bui e di rendere ogni gioia ancora più intensa. Honoré de Balzac nel racconto Un grand’uomo di provincia a Parigi, appartenente al ciclo delle Illusioni perdute, a proposito dell’amicizia scriveva: «Ciò che rende le amicizie indissolubili e raddoppia il loro fascino è un sentimento che manca all’amore, la sicurezza». Quando la vita delude, non vi è posto più sicuro dell’amicizia, quella con la maiuscola. Ed è proprio la sicurezza di poter avere un punto di riferimento, un nido al quale far ritorno, un posto accogliente in cui ripararsi nei momenti di tempesta ad accomunare le ‘Blas’ (Beatrice, Luana, Alba e Serena) quattro amiche ora nel mezzo del cammino della loro esistenza – delle quali narra l’autrice Emanuele Stievano nel suo ultimo romanzo Il lago ti chiama (Editore Youcanprint, pagg. 236, anno di pubblicazione 2023) – che durante le diverse tempeste della vita riescono a essere presenti l’una per l’altra, a sostenersi e a consigliarsi. Non nascondo che per l’idea dell’acronimo dei nomi, così come per la solidarietà e il legame tra le quattro donne, del resto tanto raro quanto prezioso, il mio pensiero – pur trattandosi di storie ed età completamente diverse – per un attimo sia andato alle ‘Onde’, le grandi amiche, in questo caso però adolescenti, del romanzo di Federico Moccia, “Scusa se ti chiamo amore”, poi diventato un film diretto dallo stesso Moccia, con protagonisti Raoul Bova e Michela Quattrociocche. Anche se si potrebbe azzardare che tutti i personaggi di cui tratta l’autrice sono protagonisti in primo piano – la Stievano utilizza la narrazione in prima persona che consente una partecipazione più intima e immediata, intitolando i capitoli con i nomi del personaggio di turno che racconta e si racconta – per la capacità della stessa di descriverli senza fretta e con attenzione, nelle loro diverse caratteristiche e nelle vicissitudini che riguardano la loro esistenza, il personaggio intorno al quale ruota tutta la storia è quello di Beatrice, una donna semplice ma complessa allo stesso tempo, che dopo una delusione amorosa, attraverso decisioni e scelte coraggiose intraprenderà un importante cammino di scoperta e di crescita personale. L’autrice si dimostra in grado di creare circostanze e situazioni interessanti e di intrecciare le storie delle quattro amiche che altrimenti sarebbero rimaste comunque avvincenti ma a sé stanti. La vita abitudinaria di Beatrice, impiegata come segretaria in uno studio notarile, a un certo punto viene scossa da un evento inaspettato quanto improvviso: una casa sul meraviglioso lago Sirino, in Basilicata, lasciatale in eredità da una zia, Tilde, della quale ignorava l’esistenza. È così che la Stievano riesce ad arricchire le descrizioni degli eventi personali delle protagoniste con quelle suggestive e invitanti del lago che risultano vivide; quasi si può immaginare che l’autrice abbia veramente camminato in quei luoghi e abbia saputo rendere tutto più realistico nella mente di chi legge fra le pagine da lei create. Non è il solito romanzo dai colpi di scena impossibili e dal finale prevedibile. L’autrice riesce a imbastire una storia verosimile in grado di accompagnare piacevolmente il lettore che con facilità si immedesima negli stati d’animo delle quattro amiche, così come nelle atmosfere suggestive di quei luoghi incantati. Il lago Sirino, nella sua veste invernale, raccontato dall’autrice, metafora e simbolo di pace, rappresenta quel luogo ‘magico’ dove i personaggi, ognuno a suo modo, ritroveranno sé stessi. L’atmosfera che si crea sulle sponde del lago ha dunque un potere benefico e rigenerante che sarà propedeutico al cambiamento, quasi come un portale che conduce a nuove prospettive e comprensioni… una sorta di ‘passaggio obbligato’ simile a un’iniziazione indispensabile per una trasformazione interiore. Esiste, in riferimento a questo meraviglioso lago Sirino, una leggenda che porta con sé il significato e il senso del rispetto della sacralità del tempo e della natura che ben si sposa con quel senso di pace meditativa che l’autrice attribuisce allo stesso. Con un linguaggio semplice, nel quale trovano spazio profonde riflessioni introspettive che consentono una lettura empatica, e gli interessanti dialoghi, anche se spesso concisi ma d’impatto e mai invadenti, l’autrice stimola nel lettore la giusta curiosità e motivazione per andare avanti e scoprire quale finale riserva la storia. Elemento trainante del racconto è il mistero che pian piano si dipana attraverso le lettere della zia Tilde, la quale si dimostra essere il motivo di svolta per Beatrice, che tornerà a riacquistare fiducia nell’amore predisponendosi al possibile. Il romanzo della Stievano è un viaggio tra gli alti e bassi, le gioie e i dolori, i dubbi, le inquietudini e le speranze della vita che si alternano con la certezza che l’amore nelle sue varie forme – così come quello per la natura – sia il motore propulsore di tutto e che un’esistenza senza di esso non avrebbe senso viverla. Un’opera che non solo intrattiene piacevolmente il lettore ma che fa anche tanto riflettere sugli autentici valori della vita e sull’importanza della natura, del contatto con essa, per ritrovare la giusta dimensione interiore e la via della serenità, come scrive la zia Tilde: «Mentre la mia mente vaga lontano, io, nel mio presente, osservo il lago e stranamente, riesco a trovare un po’ di pace». Angela Perrotta. INTERVISTA Come nasce l’idea di questo romanzo? L’idea mi è venuta riflettendo sul valore dell’amicizia, quella con la a maiuscola, quella che attraversa gli anni indenne nonostante i problemi che la vita le mette davanti. Ho voluto dedicare questo romanzo alle mie amiche di sempre e alla nostra longeva amicizia. Le storie sono diverse da quelle che coinvolgono le mie quattro protagoniste, ma quel sentimento di solidarietà che le unisce è lo stesso. Quali caratteristiche secondo lei dovrebbe avere un romanzo per suscitare interesse? Per suscitare interesse partirei dal titolo, la prima cosa che può attrarre un lettore, assieme alla copertina e alla quarta di copertina. Ma poi il romanzo dovrebbe rispettare queste prime aspettative. Quindi essere coinvolgente e scorrevole, con una trama in grado di catturare fin dalle prime pagine e che sappia regalare emozioni. Insomma, dovrebbe lasciare qualcosa su cui riflettere. Ci sono scrittori ai quali sente maggiormente di essere affine? Sì, una fra tutti Catherine Dunne perché ha il potere di dare un’anima ai suoi personaggi. Una storia può anche essere banale, ma sono i personaggi che la abitano che la fanno diventare unica. Cosa ha voluto trasmettere con la sua opera? Un insieme di emozioni che hanno a che fare con la solidarietà tipica delle donne. Il coraggio di fare scelte impopolari ma che a volte ci possono cambiare la vita. E l’inestimabile valore che una vera amicizia può avere, ma che bisogna continuare ad alimentare per non rischiare di perderla. Ha mai pensato di cimentarsi in altri generi letterari? I miei primi scritti erano racconti brevi del genere fantastico. Ho scritto anche un lungo racconto fantasy e dieci fiabe per bambini. Da quando scrivo romanzi, la narrativa contemporanea a carattere psicologico è ciò che mi viene più naturale. Ma le idee sono sempre in movimento. Chissà… un giorno potrei cimentarmi in qualcos’altro. BIOGRAFIA Emanuela Stievano è nata a Venezia nel 1961 Da quando legge il suo primo romanzo Bonjour Tristesse di Françoise Sagan, la sua passione per i romanzi non si è più interrotta. Verso il finire degli anni novanta del secolo scorso, si dedica alla scrittura. Il risultato è una serie di brevi racconti che la appassionano così tanto, da provare a iscriversi a un concorso letterario. Il racconto: Una cena quasi perfetta arriva tra i finalisti e successivamente viene inserito nel suo primo libro: Castelli di sabbia – racconti brevi pubblicato nel 2003 da Montedit nella collana “le schegge d’oro”. Dopo alcuni anni e un numero considerevole di racconti, decide di iniziare un nuovo progetto: un romanzo che dia risalto e faccia conoscere un’altra sua grande passione: il mondo degli aquiloni acrobatici, così nel 2015 esce, pubblicato da Youcanprint: Io Volo. Da allora i romanzi sono diventati sei, più un libro di fiabe. Altre bozze sono in lavorazione. Il suo motto è: “L’immaginazione è il mio film preferito”
Alcune recensioni dai lettori di " Io Volo"
Letto tutto d’un fiato. Bello bello bello.Complimenti, davvero.
Graziano
La scrittrice ha sapientemente coniugato passione per lo sport aquilonistico e colpi di scena narrativi. il risultato è una piacevole lettura, accattivante e scorrevole pur con notevoli spunti psicologici e di vita vissuta. Nei personaggi ben delineati e curati ognuno certamente potrà riconoscere una persona che ha realmente incontrato.
Salvatore
E' una piacevole lettura popolata da personaggi con differenti personalità ma che tutti in qualche modo partecipano alla vicenda narrata. La storia scorre senza intoppi malgrado il piccolo dramma familiare, il tutto a colorare una disciplina piuttosto sconosciuta e interessante. Brava, un buon lavoro!
Stefano
Alcune recensioni dai lettori di "Con il cuore a Norwich"
Libro scorrevole e ben strutturato nell' avvicendare l' intricata storia narrata. Anche se, come la stessa autrice dichiara, trattasi di una vicenda di pura fantasia, rispecchia in modo tremendamente attuale l' animo umano che ci caratterizza con tutti i demoni che albergano nelle profondità delle coscienze, schiave oramai di un ego fuori controllo. Buona lettura!
Giovanni
Tutti i personaggi raccontano una storia imprevedibile e di una umanità reale. Un buon lavoro di una autrice emergente da seguire!
Stefano
Bel romanzo con vari colpi di scena molto interessanti, che danno vita ad un racconto esuberante.
Patrizia
una bella storia con vari colpi di scena...molto brava l'autrice...da leggere!!!! lo consiglio.
Livia
Alcune recensioni dai lettori di "Il cielo blu di Tel Aviv"
Il libro, più che averlo letto, l'ho bevuto tutto d'un fiato, è un concentrato di saggia positività. E' uno di quei racconti a lieto fine che lasciano sempre di buon umore.
Vania
Sto divorando il tuo libro. Hai una fantasia incredibile, non so come fai a costruire una storia così intrigante e densa di particolari che si intrecciano. Complimenti.
Lina
Ho avuto modo di leggere questo libro e sono rimasta colpita dalla trama e dalla corposità introspettiva dei personaggi. Personaggi tutt'altro che banali, anzi dal vissuto difficile reso visibile, nitido e scorrevole dall'autrice. Il libro scorre, non ci sono "tempi morti". In conclusione devo dire che mi è piaciuto, perché la storia ti rimane dentro anche dopo giorni che l'hai letta. Non tutti i libri hanno questa capacità, questo su di me l'ha avuta, ciò va a merito dell'autrice.
Ilaria
Romanzo avvincente per le storie dei molti personaggi che si intrecciano e ti porta a leggere tutto d'un fiato stimolando la curiosità di arrivare alla fine .
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