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Un esperimento riuscito


Le luci della città si vedevano sempre più vicine e Steve pensò: “Ci siamo!” Era finita, quella lunga e meritata vacanza era davvero finita. Nonostante si fosse divertito ma soprattutto rilassato, era contento di rientrare alla base e riprendere le sue vecchie abitudini con più grinta di prima.

L’aereo che lo riportava a casa, stava per atterrare. Era quasi mezzanotte e l’idea di dover guidare per un’ora, non lo allettava proprio, ma, al solo pensiero del suo bel letto comodo, pensò che dopo tutto ne valeva la pena.

Steve abitava in una piccola città e nel suo quartiere, tutti si conoscevano. Aveva scelto quel luogo quasi cinque anni prima, perché si trovava molto vicino al suo posto di lavoro, ma poi, aveva finito per trovarsi veramente bene. Inoltre, da quando in città era subentrato il nuovo sindaco, le cose andavano ancora meglio. Le manifestazioni teatrali erano aumentate. Quell’uomo che, si era scoperto, aveva anche una vena artistica come pittore e scultore, cercava di dar enfasi a tutto ciò che riguardava l’arte. Questo attirava molti turisti, ma la cosa più bella, era che anche gli stessi abitanti ne erano stati coinvolti, ogni quartiere infatti, era inserito in un programma di simpatiche attività. Steve mentre guidava, pensava proprio a questo e si sentiva orgoglioso di far parte di quella piccola comunità.

Ormai si intravedevano i primi lampioni, a segnalare che mancava poco al suo arrivo. Man mano che si avvicinava, Steve notava che i lampioni emanavano una luce molto fioca, quasi opaca. Non diede molto peso a questo in quanto attribuiva il tutto ad un fenomeno puramente ottico. Era stanco. Pensò ai tre scali che aveva fatto e ai rispettivi fusi orari. Certo che questa volta era andato veramente lontano! Steve sorrise tra sé rivivendo mentalmente alcuni episodi di quelle pazze vacanze. Finalmente, imboccò la via che l’avrebbe portato direttamente sotto casa. Il palazzo dove Steve viveva era antico, rispettava d’altra parte lo stile di quella zona. All’interno, erano stati fatti dei lavori di ristrutturazione che avevano reso più moderno l’edificio. Un nuovissimo ascensore per esempio era stato installato al posto di quello vecchio lento e inaffidabile. Questo cambiamento, aveva fatto molto comodo a Steve visto che abitava al terzo piano. Entrando nel corridoio d’ingresso, si accorse che mancava la luce. Apparentemente tutto era normale, anche il cielo fuori era stellato, non c’erano stati lampi e tuoni che potevano aver causato un guasto. Il tutto era molto strano. Dovette suo malgrado, farsi tutte le scale a piedi e, se pur stremato, riuscì ad arrivare al suo appartamento. A parte il disagio della mancanza di luce, tutto sembrava apparentemente in ordine. Il frigorifero era staccato, e questo, era stato un ottimo consiglio che sua madre gli aveva dato poco prima di partire. “Non lasciare nulla in frigo, mi raccomando, altrimenti ti toccherà buttare via tutto al tuo ritorno. E stacca la corrente, capito?” Sua madre… era una donna così pratica, piena di energia. Ogni volta che Steve aveva un dubbio in cucina, o di qualsiasi genere che riguardasse la casa, lei sapeva cosa fare. Ne era talmente convinta, che era facile crederle. A quell’ora tarda però, l’unica cosa che Steve desiderava, era dormire. Si svegliò il giorno dopo a pomeriggio inoltrato, era domenica e l’indomani avrebbe ripreso la sua vita di sempre, sicuramente lo aspettava un bel mucchio di lavoro arretrato lì al giornale.

Nonostante la lunga e rigenerante dormita, Steve aveva la sensazione che qualcosa non andasse. Mentalmente, ripercorse cosa era successo al suo rientro. Si ricordò allora della mancanza di corrente. Fece per accendere la luce del suo comodino ma ancora una volta non dava segni di vita. Com’era possibile che mancasse la corrente per così tante ore? Istintivamente alzò la cornetta del telefono ma anche quello non funzionava, la linea era isolata. Anche il suo cellulare era inagibile, la batteria era scarica e senza corrente, quell’aggeggio super innovativo, non gli sarebbe servito a niente. Ci doveva essere per forza una spiegazione a tutte quelle stranezze. Steve decise di scoprirlo. Prima di tutto sarebbe sceso in strada dove ricordava esserci una cabina telefonica, l’unica ancora attiva. Scendendo le scale incontrò la signorina Sandra. Rimase perplesso perché al posto dei suoi soliti jeans e camicetta, la ragazza indossava un abito principesco. Il corsetto era morbido, le maniche ampie a palloncino. La gonna abbondantemente larga. Gli tornò in mente quello che gli disse una volta una sua collega, appassionata di abiti da ballo dell’ottocento. “Pensa Steve, quelle gonne così ampie, rimanevano tali grazie ad una sottogonna formata da un’armatura metallica chiamata crinolina.” Steve non poté fare a meno di ammirare Sandra mentre scendeva le scale con grazia ed eleganza. In armonia con l’abito, i suoi capelli erano acconciati diversamente. Non aveva la sua solita coda di cavallo ma una complicata intrecciatura, le ricopriva il collo. Il tutto, le donava molto. Sandra aveva solo accennato ad un saluto col capo senza dire una parola. Era una ragazza riservata, Steve lo sapeva bene. Aveva provato ad avvicinarla nel passato ma gli era sembrato che non gradisse andare oltre il semplice saluto. Non sapeva nulla di lei, quello che sapeva, era solo quello che vedeva. Una bella ragazza che viveva da sola. Steve dovette ammettere, che anche lui si trovava in quella situazione. Da quando lui e Barbara si erano lasciati, non aveva più pensato ad una nuova relazione. Era stato difficile a quel tempo dimenticare Barbara ma alla fine si era convinto che quella, era stata la miglior soluzione. Lui era ancora lì al giornale e lei brillante inviata per una tivù locale in Giappone. Steve tornò alla realtà. Che ci fosse per caso in programma un ballo in maschera? Non che Steve ricordasse. Sandra era arrivata all’ingresso, mentre lui era ancora lì fermo sul punto dove l’aveva incrociata. Da sopra stava arrivando qualcuno. Steve riprese a scendere i gradini. Aveva riconosciuto la voce della signora Martha che teneva per mano Adam il suo bambino. Anche loro sembravano essere usciti da un quadro antico. L’idea di una festa in maschera balzò ancora alla mente di Steve ma poi la scartò di nuovo. Impossibile, era giugno inoltrato. Carnevale era finito da un pezzo, ma soprattutto, non c’era niente in programma in quel periodo nel suo quartiere, altrimenti Steve l’avrebbe certamente ricordato. Quando arrivò finalmente in strada, la prima cosa che notò, fu un gran silenzio. Era strano, quella era una strada generalmente molto trafficata, l’unica cosa che aveva sempre disturbato Steve. Stranamente, quel silenzio, adesso lo stava disturbando. Era assurdo e apparentemente senza spiegazione. La cabina telefonica poi, era sparita. Forse era stata spostata per dei lavori da fare, o forse, era stata mandata definitivamente in pensione. Qualunque cosa fosse, in quel momento, non era di nessun aiuto. Improvvisamente sentì che si stava avvicinando qualcuno. Non era una macchina bensì una carrozza trainata da due cavalli. La cosa buffa, era che alla sua guida, c’era il signor Duncan, il tassista più anziano della zona. Il tutto stava prendendo un tono decisamente ridicolo. Quel posto sembrava essere tornato indietro nel tempo. Preso dal panico Steve si diresse verso la piazza più vicina. Rimase però ancora più sconvolto nel vedere che tutte le vetrine dei negozi erano cambiate. La farmacia, aveva cambiato addirittura nome. Era diventata: “Spezieria all’angolo” anziché “La farmacia all’angolo.”

Il colmo fu vedere come era cambiato il negozio d’abbigliamento accanto alla farmacia, uno dei più costosi della città. I manichini in vetrina, indossavano abiti demodé che gli ricordavano più quelli che aveva visto addosso a Sandra, Martha e Adam, piuttosto che ai suoi. Steve era confuso. Lentamente si diresse verso casa senza una valida spiegazione, senza un perché. L’ascensore era ancora inagibile per via della mancanza di luce e Steve dovette rifarsi di nuovo le scale a piedi. Stavolta nel salirle non incontrò nessuno. Si sentiva stanco, aveva anche fame, decise così che avrebbe almeno cercato qualcosa da mangiare nella sua, in genere fornitissima dispensa, ma non fece neanche in tempo a cominciare la ricerca che qualcuno bussò alla sua porta. Speranzoso andò ad aprire ma quel momentaneo entusiasmo si spense subito non appena vide colui che gli stava davanti. Era il signor Duncan, il tassista o per meglio dire, il cocchiere che aveva visto passare poco prima. Sembrava molto allegro e lo salutò con affetto. Era strano quel comportamento visto che i due non avevano mai avuto un’amicizia molto stretta. Il signor Duncan comunque, in un tono euforico, disse: “Il sig. sindaco, sta dando una grande festa. Purtroppo ci siamo accorti che mancava solo lei. Sia gentile, indossi questi.” Così dicendo, porse degli indumenti da uomo a Steve. Quello sarebbe stato il momento ideale per poter chiedere spiegazioni in merito a tutte quelle stramberie, invece, Steve come ipnotizzato, prese in mano quegli abiti e andò in camera. Sopra il suo letto adesso giacevano: una camicia bianca di seta, una cravatta grigia, e poi un gilet con giacca e pantaloni, blu. Nonostante fossero fuori moda, non sembravano indumenti già utilizzati da altri. Una volta in carrozza, fecero il breve tragitto in silenzio. Steve si sentiva impacciato dentro quegli indumenti che non gli appartenevano e che in un normale momento di lucidità non avrebbe mai indossato. Entrando nel salone dove aveva luogo la festa, Steve notò che l’illuminazione era alimentata da lampade a petrolio. Ricordò allora la sensazione che aveva avuto la sera prima tornando a casa con la macchina. Aveva dato la colpa alla stanchezza e di aver passato ben tre fusi orari ma adesso comprendeva che la sua deduzione era stata esatta. Tutti in quel luogo indossavano abiti stile ottocento, e i capelli erano impomatati in acconciature d’epoca.

Steve stava pensando che almeno i suoi capelli non erano stati toccati, forse proprio a motivo della mancanza di tempo. Il sig. sindaco, anch’egli rigorosamente in abiti che richiamavano il diciottesimo secolo, stava cercando di ottenere l’attenzione di tutti. Non aveva microfono ma improvvisamente si fece silenzio e lui iniziò a parlare. Steve allora, si rese conto che si stava rivolgendo proprio a lui perché stava dicendo: “Vedo solo il sig. Steve un po’ confuso. Comunque lo ripeto: l’esperimento è riuscito perfettamente e dovremmo essere tutti veramente orgogliosi di questo.” Scoppiò allora un fragoroso applauso che durò per alcuni istanti poi il sindaco, si rivolse ancora una volta a Steve catturando così l’attenzione di tutti i presenti e facendo aumentare il suo imbarazzo.

“Mi creda sig. Steve” proseguì il sindaco “Abbiamo fatto il possibile per poterla rintracciare ma lei era praticamente introvabile e noi d’altra parte non potevamo abbandonare questo progetto che ci aveva appassionato tanto. Si è trattato di una cosa molto particolare: immergersi per una settimana, completamente nel passato, volevamo provare cosa significa vivere veramente senza tutti, ma proprio tutti i confort a cui ognuno di noi è abituato e non può fare praticamente a meno. Abbiamo trovato affascinante adottare uno stile di vita ottocentesco per qualsiasi esigenza, anche se abbiamo scelto un solo quartiere per provare questo esperimento. Non vi nascondo che mi piacerebbe riprovare in futuro coinvolgendo tutta la città.” Gli applausi continuavano a scrosciare e l’entusiasmo era totale. Il sig. sindaco stava continuando a parlare visibilmente eccitato ma ormai Steve non lo ascoltava più. Aveva scoperto il motivo di tutte quelle anomalie e tutto sommato, si sentiva anche contento. Dopotutto, sia pur in minima parte aveva contribuito a partecipare a quell’esperimento.

“A mezzanotte” stava dicendo ancora il sindaco, “ A mezzanotte tornerà la luce e allora, saremo catapultati di nuovo nel Duemila, nel nuovo secolo, nel nuovo millennio…” Ma mentre il sindaco continuava a parlare Steve iniziava ad addentare qualcosa di buono.“ Finalmente tutto stava tornando alla normalità. L’indomani, avrebbe ripreso a lavorare al giornale, avrebbe chiamato sua madre, sarebbe andato a fare la spesa… Si stava finalmente rilassando pensando che tutti i pezzi che componevano la sua vita, stavano tornando al loro posto, quando qualcuno apparve lì vicino a lui. “Affamata.” disse Sandra sorridendo e allungando la mano per prendere una tartina. “A chi lo dici.” Replicò Steve ricambiando il sorriso. “Non mi dispiace tornare alla normalità.” Disse ancora lei stranamente loquace. “Credo di avere il tuo stesso pensiero soprattutto se penso che…” Sandra non fece terminare la frase a Steve perché disse: “Scommettiamo che indovino… al ritorno stasera, prenderai l’ascensore invece di fartela a piedi…“ Scoppiarono a ridere insieme senza sapere perché. La vicinanza di Sandra lo rendeva euforico. Alcune coppie stavano iniziando a ballare mentre una musica bellissima e a lui sconosciuta, inebriava la sala. Così, facendole un inchino, Steve chiese a Sandra: “Posso farle da cavaliere milady?” La ragazza dall’abito principesco e da quel nuovo sorriso luminoso, gli porse il braccio. Si avviarono assieme al centro della pista. “Oh adoro Strauss!” disse Sandra con occhi sognanti. Steve le sorrise mentre pensava tra se: “Se questo è un sogno… non svegliatemi.”

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