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La signorina Giulia

Aggiornamento: 3 ago 2022

La signorina Giulia viveva ormai da quasi una settimana nella sua nuova casa di campagna. A quasi sessant’anni, la sua vita, aveva subito uno drastico scossone. Quello fu il momento giusto per cambiare, così, dopo una vita passata ad osservare il mare dal quarto piano del suo luminoso appartamento, decise di inseguire un suo sogno.

Giulia e la sorella Tina non si erano mai sposate e per questo la gente parlando di loro le chiamava bonariamente le zitelline per via della loro statura un po’ più bassa della media; comunque, le due sorelle non se la prendevano per questo, anzi, ci ridevano su.

Tutto filava liscio in quel quartiere fatto di palazzi, uffici e negozi, ma un giorno le cose cambiarono radicalmente per Giulia e Tina: ricevettero un’eredità! Si trattava di una discreta somma di denaro lasciata loro da una vecchia zia. La notizia la ricevettero dall’avvocato della povera zia, un signore non troppo alto, quasi senza capelli ma con un sorriso accattivante che destava un certo fascino, questo almeno fu il giudizio che Tina diede non appena l’avvocato lasciò la loro casa. Quella stessa sera, Tina ricevette un enorme mazzo di fiori con dentro un invito galante per il giorno dopo: cena a lume di candela in uno dei ristoranti più lussuosi della città. “E’ fatta” pensò Giulia. E non si sbagliava. Tra i due infatti, era scoppiato il classico colpo di fulmine. Nel giro di poco tempo, la vita di Tina era cambiata. Usciva spesso con Giorgio (l’avvocato) mentre Giulia continuava a fare la solita vita di sempre. Le cose precipitarono quando a nemmeno tre mesi dal loro primo incontro, i due decisero di sposarsi. La sera che Tina diede la notizia a Giulia, rimasero a parlare fino a notte fonda. Sembravano due adolescenti piene di progetti. Anche Giulia confidò a Tina di voler cambiare qualcosa nella sua vita. “Sai che ho sempre desiderato avere un orto da coltivare e fiori e piante in un bel giardino. Penso sia giunto il momento di cercare una casetta e trasferirmi in campagna.” Queste erano state le parole di Giulia che vedendo la perplessità dipinta sul viso della sorella proseguì: “Non preoccuparti per questo appartamento, non lo venderemo mai, come abbiamo promesso a papà.” Si mise così alla ricerca di una casetta fuori città. Era indispensabile anche un piccolo orticello visto che Giulia era decisa ad imparare a coltivare la terra. Dopo una breve ricerca, riuscì a trovare una graziosa casetta che faceva proprio al caso suo, non soltanto c’era un bell’orticello, ma anche alcuni alberi da frutto. Giulia era piena di energie e felice per questa sua nuova vita e concluse il contratto molto rapidamente. Una settimana prima del fatidico matrimonio di Tina e Giorgio, vi si trasferì.

Giulia era veramente contenta per Tina anche se a volte stentava a credere che le loro vite fossero cambiate così rapidamente nel giro di pochi mesi. Dopo le nozze, Tina e Giorgio partirono per un lungo viaggio, e Giulia tornò alla sua nuova vita. C’erano tante piccole cose da sistemare. La casa non era tanto piccola, oltre al piano terra, ce n’era anche uno superiore costituito da una mansarda con due stanzette e un piccolo bagno. Dietro la casa c’era poi un magazzino che serviva come ripostiglio per gli attrezzi del giardino e proprio accanto al magazzino c’era una recinzione. Veramente quella era l’unica cosa che Giulia non amava di quella casa. Era ovvio che in passato era servita come canile ma lei non amava particolarmente i cani e di quel recinto non sapeva proprio che farsene. Comunque, a parte questo piccolo inconveniente, tutto sembrava procedere bene, ma, una mattina di buonora, Giulia sentì suonare il campanello. Sorpresa e spaventata, corse rapidamente al piano superiore per poter vedere chi fosse e decidere il da farsi. Dal balcone della piccola cameretta riconobbe immediatamente il signor Franco, colui che le aveva venduto la casa, e non era neanche solo perché accanto a lui c’era un grosso cane nero. Giulia fu presa dal panico. Non soltanto temeva i cani ma non capiva cosa volesse quel signore da lei, visto che tutti i documenti erano stati firmati e tutto era perfettamente in regola. Giulia si fece coraggio e col cuore in gola uscì. Il signor Franco, era un uomo dall’aspetto gioviale e salutandola affettuosamente si scusò subito per l’orario. Sembrava impacciato e quasi vergognandosi disse che si trovava lì esclusivamente per il suo cane. A quell’affermazione Giulia rimase sbigottita, sembrava che Franco avesse bisogno di un incoraggiamento per poter continuare così vedendo che tutto sommato il cane era al guinzaglio, Giulia decise di aprire leggermente il cancello, ma bastò quel gesto perché il cane scappasse dalla presa del guinzaglio che rimase in mano a Franco. Istintivamente Giulia si ritrasse spaventata ma il cane neanche l’annusò, si andò a ficcare invece sotto uno degli alberi del giardino. “Ecco il motivo per cui sono qui” stava dicendo Franco sempre più imbarazzato, e poi continuò dicendo: “Quello dove si è andato a sdraiare, era il suo albero preferito, la ragione della mia visita è proprio Dixy” e così dicendo fece un cenno con la mano in direzione del cane. “Da quando mi sono trasferito con lui nella mia nuova casa è caduto in uno stato di profonda nostalgia. All’inizio non ho dato peso a quella strana e improvvisa irrequietezza, ma quando ho notato che non mangiava come regolarmente faceva, ho pensato che si fosse seriamente ammalato, ma gli accertamenti fatti, davano esito negativo. Il verdetto del veterinario mi ha comunque sorpreso, diceva: “nostalgia”. Sembra che Dixy senta la mancanza della sua vecchia casa. Ho voluto provare e verificarlo di persona. A quanto pare voleva tornare qui, non le sembra strano?” A questo punto era Giulia a sentirsi imbarazzata, oltre che confusa, e non sapeva davvero cosa dire. Cosa voleva realmente quell’uomo? Giulia fu subito accontentata perché Franco proseguì dicendo: “Il consiglio del mio veterinario è stato quello di provare a fare un piccolo esperimento, far tornare Dixy nel suo vecchio ambiente per poche ore al giorno e così poter studiare la sua reazione. Lo so, è una richiesta un po’ strana e spero tanto che lei dica di sì.”

Giulia si fece coinvolgere e senza tanta convinzione, disse di sì. Dopotutto l’esperimento sarebbe durato pochi giorni, due settimane al massimo e tutto sarebbe finto lì. Iniziò così uno strano periodo per Giulia, ogni mattina puntualmente alle nove il signor Franco, arrivava con il suo cane. Giulia dalla finestra li vedeva giocare. Tutto sommato non le dispiaceva affatto quella nuova situazione. Nonostante quel suo scetticismo iniziale doveva proprio ammettere che Dixy era visibilmente migliorato, aveva perso quell’aria triste di pochi giorni prima, insomma sembrava che davvero volesse tornare nella sua vecchia casa.

Una mattina, Franco e Dixy arrivarono come al solito, il tempo quel giorno non prometteva niente di buono, grossi nuvoloni neri minacciavano pioggia, in più, la temperatura si era abbassata notevolmente. Decise allora, anche se con un po’ di titubanza, di farli entrare in casa. Dapprima, anche Franco sembrava restio ma poi accettò. E fu così che davanti ad una tazza di tè, i due cominciarono a raccontarsi le loro storie. Giulia parlò di Tina e del suo veloce matrimonio e della sua conseguente decisione di lasciare la città per trasferirsi in campagna. Franco invece, le raccontò delle sue esperienze. Aveva girato mezzo mondo e non si era mai voluto sposare proprio per non rinunciare ad un lavoro che lo soddisfaceva ma che lo portava sempre lontano. La conversazione era piacevole, passavano da un argomento all’altro con molta naturalezza, scoprirono di avere anche molte cose in comune, per esempio tutti e due amavano leggere e odiavano la televisione. Li univa anche la passione per il poker, per non parlare della buona cucina. Ma soprattutto entrambi erano innamorati di quella casa. Ci fu un attimo di silenzio dopo che Franco espresse i suoi sentimenti in relazione alla casa che aveva venduto neanche due mesi prima. Giulia avrebbe voluto dire qualcosa ma non conoscendo i motivi che avevano spinto Franco a lasciarla, non disse nulla. Franco, carezzando con molta dolcezza quel grosso cane nero, proseguì dicendo: “Ti stai chiedendo come mai ho lasciato questa casa che amavo tanto… Per una ragione molto banale, la vedevo troppo grande per me e Dixy e così la soluzione migliore mi è sembrata quella di venderla e prenderne una più piccola con un giardino che è la metà di questo. Adesso però sono pentito della scelta che ho fatto, soprattutto non immaginavo che il mio cane ne soffrisse così tanto.” Franco poi, disse qualcosa che fece arrossire Giulia come non le capitava da almeno trent’anni. “Comunque sono contento lo stesso perché in questo modo ci siamo conosciuti…”

Così, grazie alla nostalgia di Dixy per la sua vecchia casa, anche Giulia stava cominciando a vivere la sua bella storia d’amore. Non era trascorso neanche un anno da quando Giulia e Tina avevano ricevuto la visita dell’avvocato della loro povera zia, che tutto per loro era cambiato, adesso entrambe erano sposate e vivevano questa nuova realtà in uno stato di completa felicità.

Un giorno, in quel quartiere fatto di palazzi, uffici e negozi, un uomo chiese informazioni su dove abitassero le due sorelle ad un distinto signore. Quest’ultimo chiese: “Chi? Le zitelline?” E poi senza aspettare nessuna risposta proseguì dicendo: “Abitano proprio lì al quarto piano, non si può sbagliare”. Ma quel distinto signore, era stato all’estero per parecchio tempo e non conosceva le novità di quel quartiere.

Giulia e Tina Nervi, avevano abitato in quel palazzo, fin dalla sua costruzione avvenuta una quarantina d’anni prima. A quel tempo erano due giovani ventenni. Vi si erano trasferite assieme ai loro genitori, due stimati insegnanti. Abitavano in un quartiere di prestigio. le ragazze erano felici perché erano vicine al mare tanto che dal terrazzo della loro cucina, lo si poteva vedere. Quando dopo molti anni, rimasero sole, le due sorelle continuarono ad abitare lì diventando un vero punto fermo per quel quartiere finché vi rimasero. Quando l’uomo raggiunse col fiatone il quarto piano di quello stabile, cercò sul campanello il cognome Nervi ma quando non rispose nessuno, suonò alla porta successiva. L’avvenenza della signora che venne alla porta, fece arrossire quel pover’uomo che non essendo preparato, prese a balbettare. Alla fine, riuscì a spiegarsi, chiedendo alla donna se avesse notizie delle due sorelle. L’attraente signora, sfoderò un sorrisetto malizioso e con gesto eloquente, fece accomodare l’uomo dentro casa. Fu estremamente gentile, gli offrì una generosa fetta di torta al limone appena sfornata e un caffè a cui aggiunse una goccia di latte, chiesta espressamente dal suo ospite. Fu attorno a quel tavolo di legno bianco che Sofia, questo era il nome della signora, raccontò ad Alberto Nervi, dove fossero finite le zitelline. Quel cognome aleggiava ancora nell’aria, quando Sofia parve accorgersene, infatti disse: “Parente?” “E’ questo il punto” disse l’uomo, “Sono il fratello di Giulia e Tina…” La signora Sofia si fece rossa dall’eccitazione. Gongolava per aver avuto quella specie di scoop. “Davvero?” disse nella speranza di saperne di più, infatti Alberto proseguì: “Mia madre aveva una relazione con un uomo sposato, il padre di Giulia e Tina Nervi. Quando nacqui io, lui mi riconobbe come figlio ma non venne mai ad abitare con noi. Era però orgoglioso di avere finalmente un figlio maschio dopo due femmine…Adesso, dopo molti anni, vorrei conoscere le mie sorelle. Sono rimasto vedovo da poco, non ho più nessuno, lei pensa che sia una buona idea?”

“Diamoci del tu caro Alberto, io ero una grande amica di Giulia e Tina… Comunque, penso che sarebbe un colpo per quelle due creature. Hanno accudito il loro padre fino all’ultimo. La madre, poveretta, li aveva lasciati dieci anni prima nel sonno. Era stato uno shock per il marito che le sembrava tanto devoto… comunque lui aveva resistito. Adesso che ci penso… Quando mi vedeva mi sorrideva e ammiccava… Povere ragazze, sono state sole tutta la vita e proprio adesso hanno trovato l’amore. Io credo che tu dovresti andarci cauto e aspettare ancora un po’. Intanto, perché non rimani per cena? Ho preparato un sughetto da leccarsi i baffi. Nel frattempo tu mettiti comodo, accendi pure la tivù. E non preoccuparti che qui non arriva nessuno, sono vedova anch’io…” Alberto era frastornato, quella donna era intrigante, affascinante e libera… Si mise comodo sprofondando su quel bel divano di pelle, prese il telecomando e accese la tivù. Lo speaker parlava, ma lui non lo ascoltava,


pensava alla morbidezza di quel corpo che si stava aggirando in cucina…

Mandò un ringraziamento col pensiero a quelle due sorelle che ancora non conosceva. Aveva accantonato l’idea di contattarle, seguendo il consiglio di sua moglie tanti anni prima, eppure lui non era stato mai del tutto convinto che quella fosse la scelta più saggia. Così, rimasto ormai solo, aveva preso quella, che era sempre stata la sua decisione e ne stava prendendo coscienza. Dopo anni di finta tranquillità, Alberto Nervi sentì di provare un’inspiegabile felicità, e finalmente, cominciò a rilassarsi. La serata si prospettava piacevole e lunga, molto lunga…

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