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La scarpa stretta

Aggiornamento: 26 ott 2022

Finalmente dopo tanto girare, Giorgio aveva trovato le scarpe che facevano al caso suo. Era stato fortunato a trovare la sua misura, la quarantasei. Nere, vera pelle con una punta leggermente arrotondata. Decisamente eleganti e giuste per l’occasione che l’attendeva.

Aveva fatto alcuni passi provandole nel negozio. L’unico dubbio era un leggero fastidio al piede destro.

La commessa, tutta sorrisi e occhiatine, aveva decantando la morbidezza della pelle tranquillizzando quel cliente indeciso come era solita fare da molti anni ormai.

La scarpa, si sarebbe presto adattata al suo piede.

Giorgio uscì dal negozio felice con le sue scarpe nuove; le avrebbe indossate molto presto per un’occasione davvero speciale. Lavorava come medico ortopedico e quel giorno aveva ricevuto la notizia che tanto aspettava. Dalla contentezza chiamò sua madre per raccontarle la piacevole novità: “Mamma: finalmente pronuncerò il mio primo discorso al congresso. Papà sarebbe orgoglioso di me. Pensa, parlerò di quanto sia importante mantenere i piedi in perfetto benessere. Sarà un piacere indossare le mie comode scarpe nuove.”

Sua madre nel riattaccare pensò a quanto bravo fosse suo figlio e a quante soddisfazioni le desse. Era davvero un peccato non poterlo andare a sentire. Ma poi tanto dispiaciuta non era. Avrebbe dovuto indossare delle scarpe eleganti e lei preferiva di gran lunga sciabattare a casa senza dar fastidio a nessuno men che meno ai suoi piedi.

Il fatidico giorno arrivò. Giorgio era molto emozionato. Ancora non ci credeva che avrebbe parlato a quel congresso di portata mondiale. Si vestì di tutto punto e alla fine tirò fuori dalla scatola le sue belle scarpe nuove. Fece qualche passo per la stanza e le prime parole che gli venne da dire mentre si pavoneggiava davanti allo specchio furono: “Comodo...ci sto veramente comodo” e tirò un bel sospiro di sollievo. Dopotutto la commessa aveva ragione. Nei giorni precedenti, si era ostinato senza un motivo particolare, a non provarle come invece sarebbe stato più logico fare.

“Colleghi, vi sembrerà banale ciò che sto per dirvi ma la salute dei nostri piedi è molto importante!” Era così che Giorgio avrebbe iniziato il suo intervento al congresso. Il tutto sarebbe durato non più di un quarto d’ora. Aveva provato e riprovato tutto il suo discorso ma a poco a poco, stava perdendo quella spavalderia che aveva avuto nei giorni precedenti. Quella disinvoltura non era altro che una timidezza ben camuffata. Quei quindici minuti sul podio, gli sarebbero sembrati un’eternità. “Forse sono più adatto a trattare coi miei pazienti in studio piuttosto che fare l’oratore intrattenendo un pubblico numeroso.” Pensava Giorgio. Mentre la macchina lo portava al suo appuntamento, il pensiero andava a sua madre, non l’aveva più chiamata ma nemmeno lei si era più fatta sentire. Forse non lo voleva disturbare. Si ripromise di telefonarle presto.

“Eccoci arrivati!” stava dicendo il suo autista.

Per il luogo del congresso era stato scelto un bellissimo albergo un po’ fuori mano immerso nel verde. A Giorgio piacque molto. Era rilassante quel posto così pieno di fiori colorati e profumati. C’era persino un laghetto con delle ninfee all’interno. Una farfalla di colore giallo blu si posò su di un fiore. Provò ad immaginare quali fossero le sensazioni di quella farfalla in quel momento. La vide danzare di nuovo alla ricerca di un altro fiore. La leggerezza di quei movimenti, ebbero su di lui un effetto calmante. Si sorprese a sorridere e si sentì pronto per affrontare il congresso. All’interno trovò già molti colleghi che salutò cordialmente, alcuni non li vedeva da almeno un anno, altri non li conosceva affatto.

Si sedette al suo posto ma, proprio mentre il primo oratore saliva sul podio, un leggero fastidio alle dita del piede destro lo mise in allerta, fece un rapido calcolo e pensò che stava indossando quelle scarpe da circa due ore. La tensione aumentava così come il dolore alle dita. Oh come avrebbe voluto togliersi quella scarpa! Avrebbe finito di far soffrire quelle povere dita! Come potevano quelle scarpe essere così diverse nell’indossarle? La sinistra era perfetta ma la destra stava ormai massacrando il suo piede.

Il collega che gli stava accanto gli diede un’occhiata strana, lui cercò di rassicurarlo con un sorriso un po’ forzato, l’altro sembrò non accorgersene perché gli mostrò l’orologio dicendogli di prepararsi, sarebbe stato il prossimo oratore.

Giorgio cominciò ad alzarsi anche se un po’ lentamente, prese i suoi appunti e si avviò verso il podio. Il suo momento era arrivato. Era tanta l’emozione che per un attimo pensò che non sarebbe riuscito ad articolare nemmeno una sillaba.

Partì un applauso che lo sorprese ma che gli diede coraggio. Il batticuore che l’aveva accompagnato fino a quel momento lo stava lasciando. Si ricordò della farfalla gialla e blu che svolazzava felice di fiore in fiore e si sentì più calmo e anche più fiducioso in sé stesso ed iniziò ad esporre il suo materiale con chiarezza. “Quindi signori!” Ormai Giorgio stava concludendo il suo intervento.

“Quindi signori, avendo visto quanto sia importante non trascurare la salute dei nostri piedi, non fate come il” voleva dire sottoscritto ma solo in quel momento si accorse che il male procurato dalla scarpa stretta era scomparso. Si era concentrato così tanto nel pronunciare quel discorso che non si era neanche accorto di non soffrire più. Con un po’ d’imbarazzo alzò lo sguardo e con un improvviso guizzo di genio ripeté: “Non fate come il gran numero di persone che conosco che trascurano il benessere dei loro piedi... fate invece come il sottoscritto, comprate scarpe comode, comode come le mie.” Per poco non scivolò facendo il gesto di mostrarle al suo uditorio. Quel tocco goffo gli portò comunque una ventata di simpatia scaturita da un applauso fragoroso di approvazione.

Forse era stata colpa della scivolata o forse le scarpe avevano ancora da modellarsi al suo piede, sta di fatto che non soltanto


la destra aveva ripreso a fargli male, ma pure la sinistra aveva iniziato a dargli fastidio. Quella sera dopo tutti gli interventi, ci fu un rinfresco. Giorgio non ebbe il coraggio di dileguarsi, in più molti suoi colleghi volevano complimentarsi con lui. A forza di sorridere e di stringere mani, aveva le mandibole doloranti e le mani rosse, alcuni salutavano con strette di mano un po’ troppo vigorose. Giorgio sognava soltanto il momento in cui avrebbe tolto quelle maledettissime scarpe nuove e fatto un pediluvio rilassante. E mentre stringeva l’ennesima mano e il dolore si propagava sempre più forte, a Giorgio venne in mente sua madre e a quella che lui sapeva essere la sua abitudine e pensò: “Come vorrei essere a casa e sciabattare come fa lei!” Un paio d’occhi si focalizzò a guardare verso le sue scarpe. Era un collega che Giorgio non avrebbe mai definito amico. Anzi… erano sempre stati antagonisti tra loro. E il fatto che Giorgio era stato chiamato a fare il suo primo discorso pubblico, aveva certamente reso l’altro, un tantino geloso. “Belle scarpe!” disse il collega continuando ad osservarle. E continuando disse: “Sembrano nuovissime. Ne ho visto un paio uguale a queste, una settimana fa. Ti dirò… mi piacevano ma poi non le ho prese. Forse le tue sono state un affare ma quelle… erano troppo esose per le mie tasche. E poi… mica dovevo salire sul podio io.” Il sorriso che gli sfoderò davanti, mise in tensione Giorgio ma poi ebbe un’idea che a lui parve non soltanto geniale ma anche vitale in quel momento. Disse: “Senti amico mio… Vorresti provare le mie scarpe? Così tanto per vedere come ti stanno. Se ti piacciono tanto potrei dartele a metà del loro valore. Che ne dici? Si può fare?” Il sorriso del collega, si spense improvvisamente. Al suo posto comparve un’espressione di sbigottimento. Disse: “E tu svenderesti quella morbidezza di scarpe per fare felice me? Devo dirti amico mio che ti avevo giudicato affrettatamente. Hai un animo buono e ti sei messo a parlare con me piuttosto che andare con la tua nuova cerchia di amici.” Giorgio sembrava genuinamente confuso così l’altro indirizzò lo sguardo verso gli altri oratori. Allora Giorgio disse: “Non so cosa tu ti sia messo in testa ma io non sono cambiato. Dopotutto, non è neanche detto che io prosegua a far discorsi ai congressi. Mi hanno tenuto troppo occupato le continue prove che ho fatto in questa settimana. Allora, sei interessato o no alla mia offerta?” L’uomo gli fece cenno di andare a sedersi in un posto appartato. Il solo muovere quei pochi passi, era una sofferenza immane, ma resistette, Quando raggiunsero due sedie libere, Giorgio stava per togliersi le scarpe ma l’altro disse: “Sei impaziente di farmele provare? A proposito, sono davvero tanto comode e morbide? Ho come la sensazione che ti stringano un po’. Sbaglio?” Cosa doveva rispondere Giorgio? Se fosse stato sincero, l’altro gli avrebbe probabilmente riso in faccia. Senza contare che sarebbe andato in giro a raccontare il dramma personale del nuovo oratore. Giorgio optò per una via di mezzo e disse: “In realtà era quello che temevo. Quando le ho provate, sia in negozio che a casa, la destra mi stringeva leggermente ma poi oggi, proprio oggi, è avvenuto il miracolo. Insomma… Non intendevo dire miracolo. In effetti non so perché mi è uscito quel termine. Posso dirti che oggi quel leggerissimo fastidio al piede destro è sparito. Allora… vuoi provare? Sono il quarantasei, il tuo stesso numero.” “Come fai a saperlo?” Chiese l’altro perplesso. “Non ricordavo ne avessimo parlato dei nostri rispettivi numeri di scarpe.” Giorgio allora sorrise compiaciuto, poi disse: “In effetti, non è un discorso che abbiamo mai fatto noi due ma si da il caso che abbia visto il numero quarantasei, scritto sul retro della tua scarpa quando avevi la gamba accavallata mentre io stavo parlando alla platea. Non so perché, mi è rimasto impresso. Poi tu mi hai raccontato l’episodio del negozio, le scarpe uguali alle mie, e il fatto che non le hai prese perché costavano un po’ troppo. Dico bene?” Giorgio proseguì senza aspettare una risposta: “Perciò, eccomi qua, magnanime nei tuoi confronti. Inoltre… queste scarpe forse non le indosserò più. Io in genere vesto abiti e calzature sportive. Questa è una vera eccezione.” E così dicendo, Giorgio sfilò le sue scarpe. Il dolore era atroce. Aveva i calzini sudati. Se solo li avesse tolti, sarebbe stato umiliante. Era grato a se stesso per aver indossato dei calzini scuri, fossero stati chiari, il collega sarebbe inorridito. In qualche maniera, quel grigio scuro e le luci fioche della sala, mitigavano il suo dramma personale. Il collega prese in mano la scarpa destra di Giorgio. La esaminava minuziosamente come fosse stato un gioiello su cui verificare l’autenticità. “E’ davvero morbida!” disse alla fine il collega di cui tra l’altro non ricordava il nome. Era in dottor Rossettini. Giorgio glielo leggeva sul cartellino che portava al collo ma Rossettini come? Giovanni? Giuseppe? Qualunque fosse il suo nome, l’uomo disse: “Giorgio… amico mio. Si è fatto tardi. Mia moglie si starà chiedendo dove sia finito. Sai… domani è il nostro secondo anniversario di matrimonio. Ho preso una stanza in questo albergo per festeggiare assieme a lei. E’ una piccola cosa ma col mutuo della casa e un piccoletto in arrivo…” Giorgio capiva dove voleva arrivare il suo collega. “Non posso presentarmi a mia moglie con un paio di scarpe nuove quando a lei non ho comprato niente.” Giorgio, cercando di nascondere la sua delusione, disse: “Se non le vuoi, basta dirlo. Credevo di farti un favore, tutto qua.” I suoi piedi intanto, a contatto col pavimento e senza più restrizioni, stavano tornando a rilassarsi. Ma cosa sarebbe successo se fossero stati costretti di nuovo dentro a quei due quarantasei? Senza dire una parola, il suo collega, si tolse la scarpa destra. Giorgio notò con invidia, come il piede del suo collega fosse bello disteso. Nessuna contrazione, nessun dolore. La scarpa di Giorgio sempre tra le sue mani fino a quando, avvicinò il suo piede e con fare teatrale, vi infilò la scarpa. Giorgio aveva fermato il respiro. Non sentiva nemmeno il brusio generale nella grande sala congressi. Il suo collega non parlava ma prese anche la sinistra, sfilò la sua scarpa e mise al piede anche l’altra scarpa di Giorgio. Si alzò dalla sedia, fece una giravolta come se fosse una frivola ragazzina, poi disse: “Com’era la frase? “Non fate come il gran numero di persone che conosco che trascurano il benessere dei loro piedi... fate invece come il sottoscritto, comprate scarpe comode, comode come le mie.” Non c’è che dire George! Ti posso chiamare George vero? Sei stato molto convincente amico mio ma… a me puoi dirlo. Ti stavano davvero così comode queste scarpe nuove?” Giorgio ritornò in allerta. “Che vuoi dire? Che ho raccontato una bugia?” Il suo collega adesso guardava Giorgio con meno interesse. Diede una distratta occhiata all’orologio poi, sfilò le scarpe e disse: “Mi avevi quasi convinto prima ma davvero, non posso prendere le tue scarpe. Mia moglie non me la perdonerebbe mai. Comunque, fossi in te, me le terrei ben strette. Vedrai, domani ti saranno perfette.” E così dicendo, lasciò Giorgio lì seduto come un cretino. Il dottor Rossettini comesichiama, aveva capito tutto. Giorgio non si era mai sentito così umiliato e così solo. Con riluttanza, infilò di nuovo le sue scarpe nuove, ai piedi. Iniziò a camminare con fatica verso la hall per poi raggiungere il primo ascensore libero. Anche lui aveva una stanza riservata. Già sognava di raggiungere il letto, togliersi quelle dannate scarpe per alcune ore e fare un pediluvio. Si sentiva frustrato per non aver pensato a portare un paio di scarpe in più da poter indossare l’indomani. Tutto questo gli stava insegnando quanto fosse stato superficiale in questa storia. Mentre stava per aprire la porta della sua camera, sentì alle spalle una voce femminile: “Sei stato grande Giorgio! E complimenti per le tue scarpe. Ottima scelta!” Nadia Volcich, la collega più ammirata nel loro ambiente. Tutti la bramavano segretamente. Giorgio non faceva eccezione. La ringraziò soprattutto per aver apprezzato le sue scarpe nuove. “In realtà” disse Nadia, “Volevo darti un semplice consiglio” e senza aspettare risposta, proseguì: “Ormai i congresso è finito. Puoi toglierle adesso!” Gli fece un sorriso d’intesa e poi continuò: “Anzi… ho un’idea migliore: E se te le togliessi io?” la bocca di Giorgio era rimasta aperta. Mai si sarebbe aspettato un epilogo simile. Quando aprì la porta, Nadia lo seguì all’interno. Nulla poteva essere più vero di quello. Quando si sedette sopra il letto, chiuse gli occhi. Le mani di Nadia erano sopra le sue scarpe nuove. La sentiva carezzare quella pelle morbida e per la prima volta dopo ore di agonia, percepiva la rilassatezza dei suoi piedi. Poi, sentì che le sue scarpe scivolavano via, sul pavimento, dove rotolarono anche i calzini. I suoi piedi non dovevano essere molto presentabili, ma chissà perché, in quel momento non se ne curava. Il tocco gentile delle mani di Nadia, era stato come un balsamo per lui, tanto da farlo sentire totalmente rilassato e in pace. D’un tratto, nell’ambiente si sprigionò un piacevole profumo di bergamotto, o era limone? Che importanza poteva avere a quel punto? Giorgio lasciò che la sua schiena si appoggiasse dolcemente sul letto. E finalmente, il massaggio gentile di due mani esperte, fece il resto. “E’ stato davvero un convegno strepitoso”! pensò Giorgio felicemente stordito da quel fantastico fuori programma. E con gli occhi ancora chiusi riconobbe che tutto ciò era meglio, molto meglio di un semplice pediluvio.

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