Dunque, quella era davvero la sua fine. Lì, in mezzo ad un cumulo di rifiuti.
Ormai erano passate diverse ore da quando c’era arrivata e forse, a causa di uno sciopero, nessuno era passato a ripulire e portare via anche lei. Si trovava dentro a un cassonetto col coperchio che non si chiudeva a causa di un accumulo di immondizia. Chi passava di lì non poteva certo ignorarla. Eppure, nessuno la guardava veramente. Se lo avessero fatto, avrebbero capito che quel suo sguardo, lanciava un muto segnale d’aiuto. Il suo destino sembrava ormai segnato. Un ultimo viaggio l’attendeva, destinazione: un’enorme discarica dove assieme a migliaia di altri rifiuti avrebbe cessato la sua esistenza per sempre. Sapeva anche, che avrebbe contribuito ad inquinare l’ambiente. Questo le faceva orrore ma era impotente davanti a qualcosa che era più grande di lei.
Tutto ciò era molto triste, soprattutto ripensando a quello che era stato il suo passato.
Era stata acquistata nel negozio di giocattoli più costoso della città. Dapprima, Lara se l’era ammirata guardandola mentre era esposta in bella vista in vetrina. A malincuore però, aveva tirato dritto. Le era piaciuta subito, su questo non c’erano dubbi, ma il prezzo che il negoziante le aveva messo vicino, era troppo per lei. A trattenere Lara dall’acquistarla, non era soltanto quella cifra a parer suo un po’ esosa. Se doveva essere totalmente onesta con sé stessa, quella bambolina, sarebbe stato più che altro un suo capriccio, più che un regalo che avrebbe forse fatto felice la sua bambina. Quando Lara era piccola, aveva sempre giocato con bambole di stoffa, bambole che sua zia cuciva per lei e per le sue cugine. Lara le vedeva nascere quelle bamboline dalle mani esperte della zia Nina. Quelle, erano le uniche bambole che conosceva. Ma un giorno, vide una bambola diversa dalle sue. Anna, la figlia del medico del paese, l’aveva invitata alla sua festicciola di compleanno. Fu lì che la vide. D’un tratto le sue bambole di stoffa le parvero brutte. Le piaceva di più la bambola di Anna. Aveva gli occhi blu che si aprivano e si chiudevano e i capelli biondi che le formavano dei piccoli ricciolini sulle punte. L’abitino era di un morbido velluto rosso. Lara non riuscì mai ad averne una uguale, continuò invece a giocare con le piccole invenzioni di zia Nina. Erano passati tanti anni da allora. Fu quella bellissima bambola che la osservava dalla vetrina a farle tornare in mente quel desiderio di tanti anni prima. E fu probabilmente per questo che Lara continuava a pensare a quella bambola esposta in vetrina. C’era qualcosa di magnetico in quel suo sguardo etereo. Era davvero bella! E nonostante fossero passati tanti anni, le sembrava di rivedere la bambola di Anna. Capelli biondi lunghi fino alle spalle un po’ ondulati sulle punte. Aveva un portamento regale. I suoi occhi erano blu, le sue guance apparivano morbide e rosee. Aveva un nasino perfetto e un sorriso appena accennato su delle labbra forse un po’ troppo sottili. Indossava un abitino di velluto nero con colletto e polsini di pizzo bianco. Era in piedi in vetrina in mezzo ad un trenino rosso e blu e ad un orsetto di peluche che le facevano compagnia.
Un giorno, Lara era di fretta ma arrivata al negozio non poté fare a meno di sbirciare dentro la vetrina. La sua sorpresa mista a delusione, fu grande. La sua bambola preferita era sparita. Il trenino e l’orsacchiotto erano ancora lì ma lei non c’era più.
Nonostante fosse in ritardo, d’impulso entrò nel negozio. Stava per chiedere notizie della bambola quando la vide. Questa volta non ebbe esitazioni e d’impulso l’acquistò. Decise comunque che l’avrebbe conservata fino a Natale, sarebbe stato questo il regalo per sua figlia. Barbara aveva sette anni. “Il mio piccolo dolce maschiaccio”. Era questo che spesso diceva suo marito rivolgendosi alla figlia. In effetti Barbara amava lo sport. Aveva iniziato da poco a giocare a basket ma le piaceva anche il pattinaggio e tutto ciò che la faceva stare all’aria aperta. Lara la vedeva felice quando andavano in campagna dai nonni. Lì, poteva correre felice senza pericoli.
Gli anni passarono e Barbara, con un po’ di disappunto da parte di Lara, non aveva mai realmente mostrato interesse per quel regalo. Era sembrata felice nel riceverlo ma poi l’aveva accantonato in un angolo della sua stanza.
Barbara aveva continuato a praticare sport. In particolare la pallacanestro che era rimasta la sua grande passione. Finalmente, dopo tanti sacrifici era approdata in una squadra professionista. In famiglia erano tutti gioiosi per questo traguardo. C’era soltanto una cosa che rattristava Lara: il doversi separare da sua figlia. La nuova vita per Barbara infatti, l’avrebbe portata a trecento kilometri lontano da casa. Ma Lara non voleva essere egoista e cercò di non pensare al loro distacco. Iniziò così la fase di trasloco. Tra abiti, libri e foto, furono riempiti alcuni scatoloni. Il risultato fu una stanza vuota e deprimente.
Anche la bambola dal vestito di velluto nero e dai bordi in pizzo, era scomparsa.
Mentre Lara guardava con occhi nostalgici ad un passato che ormai non c’era più, Barbara guardava al suo nuovo appartamento con occhi speranzosi, occhi di chi stava costruendo qualcosa nella sua vita.
Aveva portato con sé tutti i suoi averi ma abitava in un piccolissimo appartamento e non poteva tenere tutto. Qualche cosa doveva essere sacrificata.
Cominciò a riempire borse di plastica di oggetti che a lei non servivano più e quando le arrivò tra le mani la bella bambola col vestito di velluto nero non ebbe esitazioni e mise anche lei tra le cose inutili da buttare. Dopo alcune ore, guardò con soddisfazione al suo lavoro di pulizia. Aveva faticato ma ne era valsa la pena. Eppure, qualcosa la turbava. Barbara era sicura di aver controllato tutto per bene prima di buttarlo. Lo stesso quella sensazione non la lasciava. Decise così di tornare al cassonetto dove aveva abbandonato le sue cose. Fu sollevata nel trovare tutto come l’aveva lasciato parecchie ore prima.
Per una volta fu felice dell’inefficienza del servizio pubblico. La bambola era ancora lì con la sua testolina bionda quasi fuori dal cassonetto. Sembrava implorare aiuto. Questo fu almeno quello che pensò Barbara nel vederla rinchiusa lì dentro.
D’un tratto ricordò la sua delusione di tanti anni prima nello scartare quel regalo natalizio. Si rese conto allora di non aver mai detto a sua madre che non era quello che si aspettava e che non le piaceva giocare con le bambole come facevano le sue amiche. Perché allora nutriva quel forte desiderio di riprendersi quella bambola mai desiderata? Barbara non sapeva dare una riposta a quella domanda, sentiva però che era giusto farlo. Senza esitare, allungò la mano e cercò di recuperarla. Non fu facile. Alcuni passanti la osservavano ma poi tiravano dritto. Alcuni borbottavano qualcosa tra sé, altri giravano la testa dalla parte opposta sdegnati. Barbara non si curava del loro giudizio. Non potevano capire le ragioni del suo gesto. Francamente, non erano chiare nemmeno a lei. Quel che voleva, era riprendersi ciò che era suo. Finalmente, riuscì ad afferrare la sua vecchia bambola. Solo in quel momento, di nuovo al sicuro tra le sue braccia, Barbara pensò ancora una volta al Natale di tanti anni prima e alla gioia che avrebbe dovuto provare allora nel riceverla, la stessa che stava sentendo in quel momento. Felice, si incamminò verso casa. Aveva ripreso con sé un regalo che non aveva mai apprezzato. Barbara non era mai stata una bambina come le altre, come probabilmente sua madre avrebbe voluto. Quel Natale, era stata grande la sua delusione. Aveva desiderato così tanto un paio di pattini nuovi che quasi le era venuto da piangere dopo aver scartato quel pacco che l’aveva tratta in inganno viste le dimensioni . Poi aveva incontrato gli occhi di sua madre, così, Barbara si era sforzata di apprezzare la “nuova intrusa” come segretamente l’aveva chiamata lei.
Nonostante non sapesse che farsene, decise che quella bambola graziosa, rimanesse in bella vista nella sua cameretta. Ogni tanto le toglieva la polvere che si formava e che si vedeva bene sul velluto nero del suo abito.
Barbara si scosse da quei ricordi lontani. Con delicatezza le tolse il vestito ormai rovinato e la portò in bagno dove prese una spugna e iniziò a ripulirla. Quando ebbe finito, prese in mano il telefono e chiamò sua madre.
“Ciao mamma, ti ho chiamato per commissionarti un vestito per una nostra comune amica, lo vorrei di velluto nero con del pizzo bianco, lo potresti fare?”
“Certo cara sarà un vero piacere!”
E Barbara proseguì dicendo: “Non vuoi conoscere le misure mamma?”
“Le conosco tesoro! Sono quelle di una bambolina bionda preziosa come lo sei tu!”
Era buffo ma quella lontananza le stava riavvicinando.
Quando riagganciarono, sorrisero entrambe.
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