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L’ombrello dimenticato

Il sole di maggio filtrava tra le persiane socchiuse. Viola era vestita di tutto punto. Era arrivato il giorno tanto atteso… quello della sua laurea. Prima di uscire si diresse al portaombrelli. Era un automatismo ormai. Toccò il suo ombrello blu ma non lo prese. La giornata sarebbe stata magnifica con quel cielo azzurro e i prati fioriti. La primavera stava regalando il meglio di sé. Non era stato così l’anno prima quando la pioggia l’aveva fatta da padrona e quel regalo che le avevano fatto senza che ci fosse un motivo particolare, le aveva fatto comodo. In realtà, Viola non era stata sorpresa di ricevere un ombrello. Lei era nota tra la sua cerchia di amici per essere quella che puntualmente se li dimenticava dovunque si trovasse. Un giorno, per sdrammatizzare, aveva detto: “Li perdo perché non c’è feeling tra me e loro. Sono come conoscenti incontrati durante la mia vita, non hanno alcun valore per me.” L’ombrello che aveva ricevuto in dono, era tutto blu con il manico di legno chiaro. Sarebbe potuto passare per anonimo, se non fosse che, uno dei suoi amici, Enrico, uno studente di medicina con la passione per tutto ciò che è grafico, si fosse sbizzarrito e avesse riprodotto dei bellissimi Nontiscordardime sparsi qua e là. Il feeling, tra Viola e il su nuovo ombrello, c’era stato subito. La sua prima uscita con tanto di ombrello nuovo fu un sabato sera. Aveva piovuto per tutto il giorno e Viola, stanca di starsene rinchiusa in casa, a studiare, aveva accettato di buon grado l’invito di Stella, la sua migliore amica oltre che collega nel suo stesso corso. Decisero di andare al cinema. L’aria era fresca. Le goccioline cadevano dagli alberi ma aveva smesso di piovere. Viola si era quasi pentita di aver portato l’ombrello nuovo ma mentre seguiva con poco interesse la proiezione del film, se lo teneva ben stretto. Quella sera tutto andò bene e l’ombrello tornò a casa assieme a lei. Pioveva spesso in quell’inizio di primavera e tra Viola e l’ombrello, si era creata una vera e propria sintonia, dove andava lei, c’era anche lui che ormai conosceva bene tutta la città. Il posto che lui preferiva era la biblioteca, era lì che Viola si recava più spesso per fare ricerche. Tutto andava bene, Viola era contenta perché pensava di aver finalmente vinto quella sua sbadataggine che le aveva fatto perdere tantissimi ombrelli. E poi ci teneva davvero a Nontiscordardime come chiamava il suo ombrello nei momenti di allegria. Poi un giorno, qualcosa andò storto. Il tempo continuava ad essere piuttosto incerto, si usciva con la pioggia per poi tornare con il sole. Quel giorno come spesso accadeva, Viola si era recata in biblioteca. Doveva fare una ricerca impegnativa che riguardava la sua tesi e dopo alcune ore china sui libri, si sentiva stanca e soprappensiero com’era, dimenticò di prendere con sé Nontiscordardime. L’ombrello parve percepire quell’abbandono perché sentiva l’assenza di Viola. Era sempre stato contento di andare in biblioteca con lei perché quel posto gli dava pace. Amava il silenzio di quel luogo ma in quel momento si sentiva solo e a disagio senza di lei. Quanto fosse durato quello stato di smarrimento, lui non avrebbe saputo dirlo ma se ne dimenticò non appena sentì il tocco gentile della mano di Viola che tornò a riprenderselo. Pioveva di nuovo, ecco perché lei era tornata sui suoi passi. Grazie alla pioggia, l’ombrello blu si sentiva un po’ più sollevato ma non del tutto tranquillo, quell’episodio era stato un piccolo campanello d’allarme, come dire: “è successo, potrebbe accadere ancora.” Infatti, i suoi sospetti si avverarono. Viola era ripiombata in quella distrazione tipica di chi ha tante cose per la testa. Lo dimenticava dovunque, anche se spesso se ne accorgeva abbastanza presto e riusciva sempre a recuperarlo. Un giorno però, le cose cambiarono drasticamente. Il tempo era incerto ma non minacciava pioggia, anzi… ogni tanto, un piccolo spiraglio di sole usciva attraverso le nuvole. Viola aveva deciso di portare il suo ombrello con sé. Invece di fare tappa in biblioteca come sempre, si fermò davanti ad una casa che lui non ricordava di aver mai visto. Il portone d’ingresso era socchiuso e Viola vi entrò. La mano di lei era di conforto per l’ombrello blu. Purtroppo, quella sensazione, durò poco perché Viola lo posò in un portaombrelli e si allontanò. Naturalmente, non era la prima volta che si trovata dentro ad un grande vaso mentre aspettava che la ragazza terminasse le sue commissioni, ma quella volta era diverso. Si sentiva spaesato lì dentro. Di spazio ce n’era molto perché erano solo in due, lui ed un altro ombrello da uomo nero. Avrebbero potuto fare amicizia ma nessuno dei due era incline ad iniziare una conversazione. L’ombrello blu si chiedeva se anche quel suo compagno di sventura temesse di essere dimenticato. Avrebbero potuto condividere assieme le loro ansie al riguardo, invece entrambi tacevano. E intanto il tempo passava e di Viola si erano perse le tracce. Forse era ancora dentro a quella casa, ma Nontiscordardime sentiva che non era così. E se non fosse tronata più? Lui non amava stare lì. Quella casa non gli piaceva. Era stata una sensazione netta fin dal primo momento che vi era entrato; gli sembrava una casa ostile e fredda, certo, molto diversa da quella dove lui viveva assieme a Viola, piccola e luminosa ma soprattutto allegra, molto allegra. Al pensiero di Viola, l’ombrello si sentì invadere da una sensazione che non aveva provato mai prima d’ora. Capì di essere preoccupato per lei. Era la prima volta che pensava a qualcun altro e non solo a se stesso. Era un sentimento nuovo per lui. Ma c’era un’altra cosa che lo tormentava; anche se fosse successo qualcosa, nessuno sarebbe mai andato a dirlo a lui. Tutti questi pensieri lo rattristavano. Ebbe un sussulto perché gli parve che qualcuno volesse prenderlo. Si sentì toccare da mani estranee, invece fu scelto il suo compagno silenzioso e così si ritrovò completamente solo. La cosa comunque non durò molto perché di lì a poco, sentì una mano che lo afferrava, purtroppo non era quella di Viola, la conosceva troppo bene per potersi sbagliare. Assieme a quella mano sconosciuta girò praticamente tutta la città, entrarono in mille negozi diversi. Era una mano di donna ed era sempre molto attenta a riprenderlo ogni volta che lo posava. Stranamente però, a lui questo non importava, non voleva stare con lei, voleva tornare con Viola. Preferiva la vita avventurosa assieme a lei che quella più tranquilla con quella donna dal nome sconosciuto. In tutte le sue uscite infatti, nessuno si fermò a parlare con lei, nessuno la chiamò per nome. Era tutto molto triste. Quanto tempo era passato? Adesso era di nuovo in quel grande vaso e improvvisamente cominciarono ad arrivare altri ombrelli. Alla fine lui si ritrovò schiacciato tra tutti quei nuovi e indesiderati arrivi. Aveva anche la sgradevole sensazione di sentirsi umido perché gli altri ombrelli erano bagnatissimi. Doveva piovere tanto perché li sentiva gocciolare. C’era anche molta confusione là intorno e le voci si sovrapponevano, alcuni parlavano amichevolmente, altri ridevano, ma tra tutte quelle voci, una era inconfondibile. Era la voce di Viola. Possibile? Certo che era possibile, dopotutto se lui si trovava lì era perché lei ce l’aveva portato. Dopo un po’ sentì che qualcuno lo spostava, qualcuno che evidentemente cercava il suo ombrello. Nel giro di pochi minuti fu toccato da tante di quelle mani che ormai non ne poteva proprio più, fu allora che, proprio al culmine della sua sopportazione, la riconobbe, era la mano di Viola. Mentre lo tirava finalmente fuori da quel posto, continuava a parlare con qualcuno, il suo tono era amichevole e sembrava molto rilassata e tranquilla, poi disse qualcosa che spiazzò l’ombrello blu perché disse: “Ormai non lo perdo più da un pezzo il mio Nontiscordardime.” Mentre tornavano verso casa, il sole era alto nel cielo. Quanto tempo era realmente passato quel giorno? Era stato tutto un sogno? Quando rientrarono a casa, Viola lo ripose nel suo solito angolino. Era un portaombrelli aperto. Lì c’era solo lui. Sentì Viola armeggiare col bollitore. “La sua solita tazza di tea” pensò tra sé. Intanto riprese a riflettere sulla sua esperienza nell’altra casa. Gli sarebbe piaciuto parlarne con Viola ma questo non era possibile. Di certo lei avrebbe saputo raccontargli nei dettagli cosa era successo davvero. La sentì canticchiare, poi parlare al telefono. Era di certo con Stella, la sua migliore amica. I raggi del sole arrivarono proprio vicino a lui. Il tempo si stava mettendo al bello. Cosa fosse successo davvero in quella grande casa, forse non aveva più importanza. Quello che importava davvero era essere lì a casa assieme a Viola. E dopo un anno, Nontiscordardime era ancora lì. La casa era solitaria, il sole filtrava dalle persiane. Viola era uscita. Era il suo gran giorno. Sarebbe tornata stanca ma felice. Anche lui lo era, avrebbe oziato fin quando lei non fosse rincasata. Forse avrebbero affrontato una nuova avventura. Viola e il suo compagno inseparabile Nontiscordardime



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