Eccomi qua con una nuova storia da condividere con voi. Nel precedente racconto: "Due valige in viaggio" Aurora e Nicholas, si trovano a dividere lo stesso vagone ferroviario. Ma qual era la loro storia? E perché erano su quel treno? Io avevo voglia di scoprirlo. E lo scoprirete anche voi leggendo: "Incontri Importanti" Vi auguro buona lettura. Ema
Incontri importanti A Trento c’era il sole quel sabato pomeriggio. Era uscito dopo un’interminabile mattinata di pioggia, dove avevano imperversato lampi e tuoni. Non che in casa la situazione fosse stata tanto diversa… Tra Aurora e Camilla erano volate alcune parole di troppo, parole che non avrebbero aiutato nessuna delle due a superare quel momento difficile. Camilla Verso l’ora di pranzo, uscì un bellissimo arcobaleno doppio. Camilla se ne accorse, mentre in piedi accanto alla finestra, rimuginava sui suoi pensieri. Avrebbe voluto chiamare Aurora per poterlo ammirare assieme ma sua figlia era già andata alla stazione dei treni con un largo anticipo. Anche Camilla avrebbe dovuto essere con lei. La valigia era già stata preparata, bisognava soltanto chiuderla, ma lei quel mattino, non se l’era sentita di partire. Già all’alba, distesa nel suo letto mentre la pioggia e il vento battevano con insistenza sulla persiana, aveva cominciato a visualizzare la scena del suo ritorno ad Imperia: la consapevolezza di non trovare Dalia ad attenderla alla stazione, poi, l’arrivo a casa, il cuore pesante nell’osservare gli occhi spenti di sua madre che cercano di ridestarsi per farle credere che lei è ancora quella di un tempo, quella di sempre. “Forse ho bisogno di stare un po’ da sola, per metabolizzare” pensava Camilla. Le cose erano cambiate in maniera repentina, e lei non si era fatta trovare pronta. Si era sentita ingannata da quella madre sempre efficiente che all’improvviso era crollata senza darle il tempo di abituarsi. Ricordava perfettamente quando ormai tre mesi prima si erano viste ad Imperia, per una volta senza Aurora. Era stato strano ritrovarsi soltanto in due. Quando erano assieme, loro tre, si sentivano una sola forza, unite e compatte. Pochi giorni dopo essere tornata a Trento, Camilla ricevette la chiamata che mai avrebbe voluto sentire. Serena, la vicina di casa, e grande amica di sua madre, la informava che aveva dovuto chiamare l’ambulanza: Dalia si era sentita male. Tutti i momenti che seguirono subito dopo, Camilla li aveva stampati uno per uno dentro la sua testa. La ripartenza per Imperia, i colloqui coi medici, la riabilitazione, la speranza, ma anche la voglia di vivere di sua madre, la sua determinazione nel voler riuscire a riprendere da dove aveva lasciato, e coi suoi settantacinque anni, ce la stava mettendo tutta per riuscirci ma… Camilla intuiva che la Dalia di prima non c’era più. “Devo fingere che sia tutto a posto?” Non dovremmo semplicemente accettare che tutti abbiamo dei limiti? Compresa mia madre?” Camilla ne aveva parlato quella mattina assieme ad Aurora. Non aveva iniziato quell’argomento con l’intenzione di litigare, desiderava solo che sua figlia provasse a mettersi nei suoi panni. “Non intendo abbandonare Dalia.” Aveva detto alla fine esasperata. “Vorrei essere con lei adesso e stringerla a me. Poi penso che mi metterei a piangere perché sento ancora forte il bisogno che ho di lei come figlia, e immagino che probabilmente sarebbe controproducente per il suo recupero.” Aurora l’aveva presa male. Prima di chiudersi la porta alle spalle, si era girata per un attimo a fissare il volto di Camilla, poi aveva detto con tono deciso: “Devi crescere mamma.” Quelle parole, pronunciate da Aurora senza rancore ma con fermezza, avevano ferito Camilla, e aumentato il suo senso di colpa. Eppure, guardare quel doppio arco colorato, le aveva procurato una certa calma. Le venne in mente che per alcune culture, l’arcobaleno, rappresenta un processo di cambiamento. D’impulso, avvertì il forte bisogno di sentire la voce di Dalia. Senza pensarci troppo, prese il telefono e digitò il numero di sua madre. Quando la sentì, dall’altro capo del telefono, gli occhi le si rigarono di lacrime. Disse solo: “Aurora sarà da te in serata mamma. Io partirò domani mattina col primo treno.” Quando riattaccò, Camilla provò per la prima volta dopo settimane di pesantezza, un senso di leggerezza. Aveva parlato senza rifletterci troppo su, ma aveva capito che non poteva permettersi di rinviare oltre la sua partenza. Un tempo, che sembrava lontanissimo, Dalia le aveva dato l’opportunità di stare in una vera casa, donandole, un amore incondizionato. Aurora aveva ragione: era arrivato il momento di crescere e di dare a Dalia, tutto il sostegno di cui aveva bisogno. l’arcobaleno era quasi del tutto sparito ma il pomeriggio prometteva bene. Dopotutto il sole era un toccasana e lei, Camilla, aveva bisogno di farne un bel pieno. Socchiuse gli occhi e provò ad immaginare un nuovo scenario: lei e Dalia, non più camminatrici instancabili sul lungomare di Imperia, ma sedute in terrazza, a casa, ad osservare in silenzio, il mare. Aurora Aurora aveva preso un taxi ed era scesa a Piazza Dante. Sapeva di essere in largo anticipo sull’orario di partenza del suo treno ma aveva preferito uscire da casa il prima possibile. Da un po’ di tempo le cose non andavano per il verso giusto tra lei e sua madre. Camilla era sempre stata per Aurora un punto fermo, un portico dove ripararsi quando la pioggia imperversa, ma da quando Dalia era stata colpita, se pur lievemente da un ictus, Camilla era cambiata. Dalia era la mamma adottiva di Camilla ma quella parolina: “adottiva”, era soltanto quello… una parolina che stava a significare che Dalia non aveva partorito letteralmente Camilla. Quello, era solo un dettaglio, perché nel suo intimo Dalia si era sempre sentita, come se quella bambina fosse uscita davvero dal suo ventre. Camilla e Dalia, erano di fatto madre e figlia e il loro legame era sempre stato molto forte. A volte, Aurora, si sorprendeva ad osservarle. Si somigliavano, non era tanto la fisionomia, ma piuttosto la loro complicità che si rivelava quando si guardavano con occhiate d’intesa. Per Aurora, non c’erano dubbi nel considerare Dalia una nonna biologica a tutti gli effetti. Camilla aveva sempre saputo che Dalia non era sua madre. Dalia in quel tempo, si recava spesso nell’istituto dove Camilla si trovava. Quello era il posto che la bambina chiamava “casa” perché era quella, l’unica casa di cui avesse ricordi. Ci era arrivata all’età di due anni e ci era rimasta fino al compimento dei nove. Quando Dalia arrivava, era sempre una gran festa per Camilla, ma anche per gli altri bambini che vedevano in quella signora dai capelli biondi che le arrivavano fin giù dalle spalle, un raggio di sole dopo tante nuvole grigie. I bambini la vedevano bella con quel sorriso accattivante e quei grandi occhi blu, le bambine facevano a gara per giocare coi suoi capelli, volevano farle le trecce, o sperimentare elaborate acconciature. Lei, Dalia, le lasciava fare. Erano la sua terapia. Quei bambini non avevano nessuna idea di quanto la stessero aiutando. Dalia aveva perso in un sol colpo, Franco suo marito e Biagio il suo piccolino di appena due anni. Una macchina li prese in pieno, un pomeriggio di primavera mentre attraversavano la strada. Dalia avrebbe voluto morire con loro. La sua vita si era sgretolata in un istante. Una sera, mentre il Natale si avvicinava, Dalia sentiva di non farcela più. Non poteva continuare a vegetare senza uno scopo. Nonostante sentisse ancora un vuoto dentro di sé, decise di uscire. Era come se una forza misteriosa le dicesse: “Non è tutto finito Dalia, rialzati.” Faceva freddo quella sera, i canti natalizi si diffondevano per le strade e i suoi occhi si riempirono di lacrime ricordando il Natale di un anno prima quando la manina di Biagio cercava la sua, e suo marito li cingeva entrambi in un abbraccio che le dava fiducia, sicurezza e tanta felicità. Fu allora che vide un cancello aperto e persone che vi entravano. Era un orfanatrofio. Senza sapere perché, anche lei decise di entrare. Camilla era lì. A quel tempo era già grandicella anche se Dalia venne a sapere più tardi la sua età. I loro occhi si incontrarono e nonostante il suo grande dolore, Dalia sorrise. Per la prima volta sentì che poteva ancora dare e ricevere amore. La vita, a volte sembra che voglia metterti alla prova. Biagio e Franco non erano stati accantonati in un angolino della sua mente ma adesso Dalia sentiva di averli al suo fianco. Era certa che suo marito avrebbe approvato la sua scelta di dedicare una buona parte del suo tempo a quei piccoli, soli al mondo che vivevano vicini alla sua casa, una casa bella, una casa che avrebbe potuto ospitare qualcuno di quei bambini. Quando le venne quell’idea, Dalia sapeva già a chi stava pensando. Camilla… Ogni volta che la salutava dopo essere rimasta con lei a giocare o aiutandola a fare i compiti, Dalia si sentiva stringere il cuore. Così iniziava a fantasticare su quello che assieme, avrebbero potuto fare se fossero state madre e figlia. Quando Biagio era nato, Dalia era stata molto felice, ma nel suo cuore sapeva che prima o poi avrebbe chiesto a Franco di avere un altro figlio nella speranza che arrivasse una bambina. Eppure, Biagio aveva uno sguardo dolce e tenero. Era un bambino buono e tranquillo, un bambino giudizioso, un bambino che ogni tanto le chiedeva quando sarebbe arrivata a casa la sorellina. A quel tempo, Dalia sorrideva e non pensava che anche suo figlio si potesse sentire incompleto, che forse in quattro sarebbero stati meglio. Le pratiche per adottare Camilla iniziarono un anno dopo il loro primo incontro. Dalia era rimasta sconvolta quando le era stato detto che Camilla era finita lì dopo che aveva perso entrambi i genitori in un incidente stradale e che purtroppo nessun parente si era fatto avanti per adottarla. Dalia aveva allora avuto la sensazione, che il loro destino fosse già stato scritto. Quando la bambina ebbe la notizia, quasi non riusciva a crederci. Adesso, ogni volta che Dalia andava a trovarla, Camilla la guardava con occhi diversi, gli occhi di una figlia. Era come se si fossero scelte. Dalia non smise di frequentare l’istituto, dopo l’adozione, anzi… creò anche un’associazione intitolata: “Camilla e i suoi fratelli” destinando un fondo, per quei bambini meno fortunati. Molti, negli anni, trovarono la loro strada grazie ai volontari che ogni settimana si alternavano all’istituto, proponendo a quei ragazzini, laboratori di vario genere. Creatività era la parola d’ordine. Anche Camilla li frequentava, solo che alla fine della lezione, tornava a casa assieme a Dalia, la sua nuova mamma. “E adesso, Dalia ha bisogno di noi “ pensava Aurora mentre aspettava di partire, incapace di comprendere la reazione di sua madre, quella mattina e sentendosi ancora irritata con lei. Il leggero ictus che la sua cara nonna aveva subito, l’aveva di certo resa più vulnerabile. Era riaffiorata in superficie, quella fragilità rimasta latente per tanti anni. E allora, Biagio e Franco erano tornati di prepotenza nella mente di quella donna che aveva dato tutta se stessa per gli altri. Camilla, non aveva avuto un grande amore come quello di Dalia. Dal frutto di un rapporto passeggero, era nata Aurora. Quell’uomo, non aveva gradito la notizia che sarebbe diventato padre, aveva lasciato Camilla da sola a Trento dove si era trasferita per lavoro e per inseguire un sogno che si infranse troppo presto. Dalia, a quel tempo, diede tutto il sostegno che una madre sa dare ad una figlia. Le propose di tornare ad Imperia per far crescere lì Aurora, ma Camilla non volle ascoltarla. Ecco che allora iniziarono i viaggi in treno. Viaggi interminabili con due o tre cambi da una stazione ad un’altra ma quando Aurora scendeva, sentiva il profumo della Liguria e vedeva la sua nonnina lì al binario ad attenderla. Da quando si era sentita male, però, tutto era cambiato: la sua espressione era cambiata. Ogni volta che era possibile, Aurora la accompagnava al cimitero dove erano sepolti Franco e Biagio. “Perché mia madre non riesce ancora ad accettare il cambiamento di Dalia?” Era questo che tormentava la mente di Aurora mentre lo scompartimento si apriva e ne entrava il controllore. Aveva consegnato il suo biglietto e poi si era messa a guardare fuori dal finestrino. Ancora alcuni minuti e sarebbero arrivati a Verona Porta Nuova, il viaggio era ancora lungo… Aurora si era quasi estraniata dal posto dove si trovava. Sapeva che Dalia non sarebbe stata presente al suo arrivo al binario ma sapeva anche che la stava aspettando con gioia. Il corso dei suoi pensieri fu bruscamente interrotto, perché il ragazzo dall’aria di un dandy che era, fino a quel momento, l’unico passeggero assieme a lei in quello scompartimento, si era alzato e stava cercando di prendere il suo bagaglio. Nonostante Aurora non avesse nessuna voglia di ridere, la scena che le si presentò davanti, meritava almeno un sorriso. Quel giovane aveva perso la sua aria da dandy, era rosso paonazzo. Cercava disperatamente il suo biglietto del treno che pareva svanito nel nulla. Ad un tratto, Aurora, vide qualcosa scivolare a terra. Era quasi nascosto dalla grande valigia del passeggero ma Aurora lo prese e lo diede al giovane. Era il biglietto mancante. Il ragazzo, visibilmente imbarazzato ma anche sollevato, diede quel pezzo di carta al controllore che con un’aria un po’ sdegnata, dopo averlo esaminato bene, lo riconsegnò al ragazzo. Rimasti soli, dentro a quel piccolo scompartimento, Aurora riprese il corso dei suoi pensieri. L’irritazione verso sua madre, non era più così forte. Era dispiaciuta per averle intimato di crescere. Dopotutto, lo aveva capito che Camilla stava soffrendo molto. Decise che una volta arrivata a casa della nonna, l’avrebbe chiamata per riappacificarsi. Le sue riflessioni furono di nuovo interrotte dalla voce del giovane che le stava porgendo la mano presentandosi e ringraziandola ancora per aver scovato il biglietto sparito. Nicholas, questo era il suo nome, aveva una bella voce e aveva improvvisamente, anche tante cose da raccontarle. Viveva ad Imperia, le disse, ma aveva anche una casetta a Nizza lasciatagli in eredità dai nonni materni. Era laureando in architettura, aveva mille progetti ma ancora nessuno realizzato. Poi, dopo un momento di silenzio ecco che la domanda che Aurora si aspettava, arrivò: “E tu? Dove vai di bello?” Aurora sorrise. “Vado ad Imperia anch’io…” E poi, aggiunse senza neanche sapere perché: “Imperia è la mia seconda casa…” Il giovane, avrebbe voluto saperne di più, quella ragazza gli piaceva. Era graziosa e non passava inosservata, ma Nicholas aveva intuito che il suo sguardo non era sereno e che i suoi occhi, erano persi in immagini lontane, che neppure la velocità del treno le faceva sfuggire. Non voleva che lei lo giudicasse invadente ma non riuscì a trattenersi, così le chiese: “C’è qualcuno di speciale che ti aspetta?” Nonostante la domanda fosse diretta, il tono della voce e l’espressione che si era dipinta sulla faccia di Nicholas, fecero di nuovo sorridere Aurora che disse: “Sì, c’è una persona davvero speciale che mi aspetta… mia nonna Dalia.” Nicholas, dopo aver sentito la risposta di Aurora, aveva rilassato i muscoli del suo viso mentre il treno proseguiva la sua corsa. Avevano appena lasciato la stazione di Milano Centrale alla volta di Torino Porta Susa. Dopo aver cambiato coincidenza a Genova ripresero a parlare da dove avevano interrotto. Aurora, si era sentita stranamente a suo agio con quel ragazzo, ed aveva finito per raccontargli la storia di Dalia e Camilla. Nicholas, si era rivelato un attento ascoltatore. Aveva anche detto: “Tua nonna sembra davvero una persona speciale. Avrebbe potuto chiudersi per sempre nel suo dolore, invece ha saputo aprirsi agli altri, donando e ricevendo amore. Ha saputo dare una svolta alla sua vita, ma anche a quella di tua mamma adottandola.” Quel giovane, stava diventando inaspettatamente intimo, ed Aurora se ne sentiva attratta. Forse era il suo sguardo, o quell’aria alla Oscar Wilde. O forse era stato quel suo modo di esprimersi. Le era sembrato sincero… Quando alla fine arrivarono a destinazione e Aurora e Nicholas si ritrovarono fuori dalla stazione, fu Nicholas a parlare per primo. Non disse le solite frasi di rito: “E’ stato un piacere conoscerti, spero di rivederti presto…” lui disse solo: “Che ne dici se prima di tutto andiamo a vedere il mare?” Aurora ci pensò un attimo. La nonna la stava aspettando a casa. Il mare però non era distante dalla sua abitazione. Nicholas la guardava speranzoso. “Va bene” disse la ragazza. Così, Aurora e Nicholas si incamminarono. Si erano raccontati diverse cose ma non potevano dire di conoscersi bene, eppure i loro passi andavano già in sincronia. Si sorrisero mentre si avvicinavano alla meta. “Mi è mancato tanto questo mare!” disse Aurora più a se stessa che al suo giovane amico. Nicholas, fece scivolare la sua mano dentro a quella di lei, e mentre quel piacevole contatto, gli procurava un senso di benessere e pace, disse: “E’ mancato tanto anche a me.”
Comments