Tutti gli oggetti che per anni avevano ravvivato i vari angoli della casa con i loro colori e sfumature, erano ormai rivestiti da una pesante coltre di polvere, unica presenza tangibile assieme al profondo silenzio.
Nella casa disabitata tutto era rimasto intatto, ma la presenza muta del mobilio e di quegli oggetti, era come un continuo grido di dolore nonché d’indignazione per essere stati trascurati per così tanto tempo. Solo lui, quel piccolo vaso scheggiato stava bene, si sentiva al sicuro adesso che la polvere ricopriva completamente quella sua vistosa ferita e finalmente non aveva più motivo di sentirsi inferiore agli altri. Eppure, quando tanti anni prima la signora l’aveva trovato, se n’era innamorata subito, anzi, poco le importava se lui non era perfetto. Aveva detto: “Qui ci starebbe bene un rametto di mimosa. Con qualche spennellata coprirei l’imperfezione…” Di quel proposito, non se ne era fatto nulla, la casa era stata abbandonata e lui era rimasto lì, assieme a tutto il resto. A poco a poco, aveva cominciato prima ad apprezzare e poi anche ad amare quel silenzio, e a considerare la polvere che lentamente gli si appoggiava addosso, la sua nuova e inseparabile amica; fino al giorno che quel silenzio fu rotto bruscamente. I balconi furono spalancati e una forte luce esterna penetrò nella casa. Un vocio insistente segnalava la presenza di più persone. Il piccolo vaso che fino ad allora si era sentito salvo e al sicuro, fu preso dal panico. Che ne sarebbe stato di lui? Chi l’avrebbe voluto così malconcio? Sarebbe veramente finito per sempre quel suo mondo fatto di una tranquilla e piacevole monotonia?
Qualcuno lo toccò. Stranamente il panico iniziale cessò. Non aveva idea di chi fossero quelle mani, ma l’effetto che gli procuravano era piacevole. Da molto tempo non era più oggetto d’attenzione. Adesso iniziava a sentirsi a disagio, cominciava a pesargli quella polvere che solo pochi attimi prima aveva considerato amica. Il getto d’acqua lo prese alla sprovvista. Possibile che avessero interpretato così rapidamente i suoi pensieri?
Erano sempre quelle mani che con delicatezza lo stavano insaponando e poi di nuovo risciacquando.
Il vaso scheggiato fu appoggiato sopra il tavolo. Era finalmente pulito e anche profumato. Di nuovo quelle mani lo avvolsero in un canovaccio pulito. Chissà se anche gli altri oggetti venivano onorati da quello stesso trattamento. Lui non lo sapeva, quello che invece percepiva, era uno strano benessere. D’un tratto non gli importava più di essere difettoso. Poi, una voce risuonò nella stanza.
“Sei sicura di volerlo tenere? E’ scheggiato.” Il piccolo vaso trattenne il fiato. Chi aveva parlato di certo non era chi lo aveva lavato e asciugato. Per un interminabile momento, ci fu silenzio, poi, un’altra voce disse: “E’ proprio la sua imperfezione che mi piace di lui.” L’altra voce non disse più nulla.
La casa aveva ormai ripreso vita. Per ogni oggetto fu trovata una collocazione. Il piccolo vaso scheggiato fu posizionato in un posto strategico, al suo interno non vi entrarono mai fiori ma pennelli che servivano a quelle mani piccole e affusolate per dipingere.
E quando il balcone era aperto, il sole illuminava la stanza e l’imperfezione del piccolo vaso diventava ancor più evidente non c’era nulla che stonasse. Tutto era perfetto e armonioso.
A lei piaceva così.
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