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Il tempo può aspettare

Avreste mai sospettato che delle semplici lancette di un comune orologio da cucina, di quelli che scandiscono il tempo con quel loro tic tac, tic tac, regolare e affidabile, pensassero, riflettessero e agissero?

I Miller, erano una famiglia molto allegra, composta da due genitori, Gina e Frank, e dai loro tre figli: Silvia, Theo e Laura.

Proprietari di una libreria, i Miller ne andavano molto fieri perché un bel pezzo di storia era stato scritto tra quelle mura. Il locale venne inaugurato il sei giugno del milleottocento novantadue per volere di Virginia Stevenson, giovane e intraprendente figlia di Nathan, maestro elementare e grande appassionato di letteratura. Virginia era poco incline agli svaghi, ma non seppe resistere al fascino del suo giovane assistente Rupert Miller che sposò esattamente un anno dopo aver aperto la libreria. Da quel giorno, la nuova insegna fu chiamata: “La libreria dei Miller 1893”. Virginia e Rupert resistettero alle avversità cercando di dare ai loro clienti, dei motivi di speranza attraverso la lettura dei libri. Ebbero sette figli e poiché non tutti erano interessati a proseguire questa attività, decisero che sarebbe andata soltanto a chi ne fosse stato davvero appassionato. E così, di generazione in generazione, la libreria passava di mano in mano fino ad arrivare a Frank. E come era accaduto per Virginia, anche lui si innamorò della sua assistente Gina. Fu un amore travolgente che si coronò col loro matrimonio. Erano passati ormai diciassette anni da quel pronunciato con tanta emozione e trasposto. Dopo due anni arrivò Laura a dare uno scopo ancor più grande alla loro unione, poi fu la volta di Silvia e infine giunse Theo burlone e pazzerello coccolato da tutti.

La mattina era il momento cruciale della giornata, non regnava un granché di organizzazione, e, per quanto mamma Gina avesse cercato di dare delle regole, non sempre venivano seguite. Il più delle volte, il risultato ottenuto si poteva classificare come: una frenetica attività tra camere da letto, due bagni (ma non bastavano) e la cucina, prima che tutti uscissero da casa, non prima di aver controllato che i loro orologi combaciassero con quello della cucina. Era un gesto comune tra i Miller, come se quell’orologio appeso, dicesse loro: “Coraggio gente! Niente indulgenze! E’ ora di andare ognuno alle proprie attività!” Qualcuno però, si differenziava da questa frenesia. Si trattava di Laura, o meglio, la sognatrice come l’avevano bonariamente soprannominata in famiglia, lei era diversa. Era la primogenita e si era sempre distinta per la sua indole calma e rilassata. Anche lei guardava l’orologio, ma non per controllarne l’ora, a lei piaceva osservare quelle lancette che con regolarità, segnavano lo scoccare del tempo. Lo facevano senza disturbare, ma con fermezza andavano avanti a un ritmo costante e senza eccezioni. Ma Laura un po’ invidiava quelle lancette che si trovavano dentro a un ovale color pastello e i cui numeri, grandi e neri appoggiavano su tenue roselline rosa. Al centro, Gina vi aveva scritto: “Le rose sono come i libri… Ogni petalo, un capitolo da scoprire” E anche se quelle rose erano finte, non poteva fare a meno di pensare che le lancette e i numeri, si inebriassero di quel loro profumo tenue e delicato.

Le due lancette, conoscevano bene i Miller. Dopotutto, li vedevano ogni giorno. Avrebbero potuto elencare le abitudini di ognuno di loro senza sbagliare. E proprio perché si sentivano così parte di quella famiglia, avevano notato che Laura si stava adeguando al resto della famiglia, era diventata più frettolosa ma anche più seria. Theo era il più burlone, capitava spesso che facendo colazione raccontasse aneddoti divertenti accaduti a scuola, Silvia era quella che gli dava più corda, spesso le due lancette sentivano le loro risate sovrapposte, prima di udire mamma Gina riportare tutti all’ordine; di solito diceva: “Ragazzi, guardate le lancette dell’orologio sulla parete, vi stanno dicendo che siete sempre in ritardo. Forza sbrigatevi.”

In tutto questo, Laura non partecipava, se non con sporadici commenti. Sembrava sempre sovrappensiero. Le due lancette lo avevano percepito ed erano tristi, avevano capito che Laura non era felice, così decisero di fare qualcosa per lei, avrebbero attirato la sua attenzione, ma come?

Dopo una breve consultazione tra lancette, passarono all’azione.

Per loro fortuna, Laura era sempre l’ultima a uscire di casa, così, quando il mattino seguente fece il solito gesto di controllare se il suo orologio fosse giusto come quello della cucina, si fermò di scatto quando vide che l’ora era completamente sbagliata, al posto delle otto e venti, segnava le sette. Evidentemente erano ferme dalla sera prima, strano che nessuno dei suoi famigliari se ne fosse accorto. Ma ecco che, controllando attentamente le due lancette, Laura si accorse di un’altra stranezza, la lancetta dei minuti era completamente ferma, mentre quella dei secondi, stava piano piano andando indietro. Laura sorrise nonostante non riuscisse a capire cosa stesse succedendo. Le parole le uscirono improvvise, consapevole che nessuno la stesse ascoltando, o forse no… “Quanto sarebbe bello se il tempo si fermasse o tornasse indietro come sta facendo la lancetta dei secondi. Andare indietro nel tempo! A me basterebbero solo sei mesi…”

Le lancette la osservavano ed era come se capissero ciò che Laura aveva nel cuore. Non si trattava di una delusione per un ragazzo che nemmeno la guardava. No, Laura aveva perso il desiderio di dipingere. Il suo acquarello che tanto amava, quei papaveri dipinti proprio dal campo dietro casa, non era piaciuto alla giuria del concorso all’interno della scuola. Avevano preferito altri soggetti, altre situazioni. Era arrivata lì carica di aspettativa e adesso, quella delusione le bruciava ancora tanto. I suoi genitori, soprattutto suo padre a cui si sentiva più legata, non riuscivano più a trovare le parole per consolarla. Da quella volta, Laura aveva smesso di dipingere. Si sentiva bloccata e anche arrabbiata con se stessa per questa reazione così negativa. Non le piaceva la piega che stava prendendo la sua vita. Nemmeno Silvia, sua sorella, per quanto le volesse bene, aveva capito fino in fondo il suo dolore. Credendo di farla contenta, l’aveva abbracciata e poi aveva detto: “Coraggio Laura, non buttarti a terra. I tuoi papaveri sono bellissimi”. Ma a Laura non era bastato il giudizio favorevole di Silvia e a terra c’era già…

La lancetta dei secondi continuava il suo percorso all’indietro. Ormai, per quel giorno la scuola era saltata, ma, nonostante le lancette birichine, la giornata era ancora lunga e assolata. D’un tratto un’idea le balenò in testa. Tornò velocemente in camera sua, prese il cavalletto e tutto ciò che le serviva, e si diresse verso il piccolo parco non lontano da casa dove dimorava un maestoso ginkgo biloba e poco distante un ponticello in legno molto suggestivo. A Laura piaceva pensare di trovarsi all’interno di un giardino giapponese. Decise in quel momento che per il suo prossimo compleanno, avrebbe chiesto di andare a visitarne uno vero. E con quel nuovo pensiero positivo in testa, sorrise, mandò un bacio alle due lancette e uscì di casa.

Davvero era bastato quel giochetto per riavere la Laura di un tempo?

Le due lancette speravano proprio che fosse così e in uno slancio di vitalità si dissero: “Siamo le sentinelle del tempo! Torniamo a fare il nostro lavoro!”

Poi, ci ripensarono, la casa era vuota, avevano ancora diverse ore da dedicare a sé stesse, così dissero: “Prendiamoci una piccola vacanza… Il tempo per adesso, può aspettare…”


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