La galleria d’arte del signor Flip, si trovava dietro ad una delle più importanti piazze della città, in una via secondaria a cui si arrivava soltanto a piedi. Si potrebbe pensare che questo la penalizzasse rispetto ad altre più centrali, invece non era così perché proprio di fronte alla galleria, il vicolo, come tutti lo chiamavano, ospitava una fornitissima libreria che prendeva ben quattro vetrine, grandi e luminose. Accanto alla galleria poi, c’era uno dei ristoranti più rinomati della città, famoso per i suoi ottantotto modi per cucinare il pollo. Il signor Flip vi era entrato una volta soltanto con un cliente che ne aveva parlato con grande entusiasmo.
Il signor Flip, aveva dedicato gran parte della sua vita alla pittura. Aveva iniziato a disegnare fin da ragazzino. Di carattere taciturno, amava starsene da solo. Trovava i suoi coetanei noiosi e non inclini all’arte come spesso si lamentava lui. Prima di dedicarsi alla pittura, scriveva lunghe poesie. Lui ci metteva tanta passione, ma nel rileggere i suoi scritti, rimaneva deluso. Le idee erano buone ma le parole che usava, erano troppo deboli per i sentimenti che voleva esprimere. Finì per gettare via tutto. Poco tempo dopo quella sua irruenta decisione, gli capitò tra le mani un foglio da disegno, e quasi per gioco, si mise a fare degli schizzi. Man mano che le immagini prendevano forma, si sentiva invadere da una sensazione bella e appagante. Quel ragazzo taciturno e un po’ scontroso, aveva finalmente trovato la maniera di esprimere i suoi pensieri. Fu subito chiaro comunque, che era tristezza, e non felicità quella che si poteva leggere nell’osservare le sue tele. Era come se la melanconia fosse innata in lui.
Ormai, arrivato quasi alla soglia dei settant’anni, sentiva ancora, di tanto in tanto, la voglia di dipingere. Quello, era uno di quei momenti. Quel mattino, stava osservando proprio nella libreria di fronte, due ragazze che sfogliavano con molta attenzione dei libri. Una delle due lo aveva colpito particolarmente. Bionda coi capelli corti, portava dei pantaloni grigi di lana e un giubbotto rosso. Era carina, una di quelle persone nate in una bella famiglia, forse non ricca, ma di sicuro benestante, lo si poteva dedurre dalla buona fattura dei suoi indumenti. Ma quell’aspetto, non gli sembrava sufficiente per descriverla. Quella ragazza, emanava serenità dal suo volto, e questo, andava ben oltre le cose materiali della vita. Flip lo percepiva, la ragazza bionda, era felice. Era giovane… Anche lui lo era stato ai suoi tempi. Eppure, non era mai riuscito ad essere contento e pago della sua vita. “Ha l’indole malinconica” queste erano le parole che spesso sua madre pronunciava parlando di lui. Il signor Flip sorrise tra sé. La sua memoria si stava aprendo. “Avevo mille motivi per essere felice, proprio come quella ragazza” riconobbe obbiettivamente. “ Una bella casa, due genitori amorevoli, dei nonni che mi viziavano… E nonostante fosse appena finita la guerra, ne eravamo usciti indenni. Chissà come sarebbe stata la mia vita se solo avessi osato un po’ di più … Se fossi stato come nonno Giulio, comandante di un transatlantico, sempre pieno di aneddoti da raccontare. O come mio padre, suo degno successore. Il signor Flip continuò a guardare le due ragazze, cercando di non farsi notare. L’amica della bionda, una castana che portava i capelli molto lunghi fin giù dalle spalle, gli ricordava vagamente sua nipote Giada, figlia di sua sorella Marta. Il volto di quella ragazza era più ermetico, diverso dalla limpidezza che invece mostrava la bionda. Sfogliavano quei libri che poi si confrontavano tra loro. Almeno questo era quello che il signor Flip immaginava accadesse. Più osservava quella ragazza, più desiderava ritrarla. Era il suo “stato creativo” a richiederlo. Senza perdere tempo, prese un foglio da disegno ed iniziò a procedere con mano ferma. La disegnò esattamente com’era, con un libro tra le mani.
Quando ebbe finito, osservò con attenzione il suo lavoro. Ne fu soddisfatto. Girò il foglio e scrisse: “ragazza felice assorta nella lettura del libro che tiene in mano” Poi firmò: Flip. Lo esaminò di nuovo. C’era qualcosa di diverso in quel dipinto fatto in velocità, qualcosa che era sempre stato presente nelle opere del signor Flip e che lì non c’era. Mancava la tristezza. Non si percepiva il benché minimo accenno di tale stato d’animo. Ma c’era qualcosa di ancor più grande che gli stava accadendo. Più guardava quel disegno, più sentiva che la tristezza lo stava abbandonando. Di colpo il signor Flip sentì una percezione insolita. Non riusciva a dare un nome a quella sensazione, ma qualunque cosa fosse, gli piaceva e lo faceva star bene. Improvvisamente provò disagio in mezzo a tutti quei quadri che testimoniavano lo stato d’animo che aveva permeato tutta la sua vita. D’impulso uscì dal negozio e lo chiuse dietro a sé. L’aria era pungente, ma lui la respirò a pieni polmoni. Senza incertezze entrò in libreria.
A quell’ora di mattina, c’era poco movimento. I clienti presenti, erano assorti nella ricerca di qualcosa, un genere particolare, un libro di cui avevano sentito tanto parlare, un regalo per una persona speciale. Il pavimento in legno, scricchiolava sotto i piedi, ma non era un fastidio per le orecchie del signor Flip, anzi, era qualcosa di rilassante. Da quanti anni c’era quella libreria? Probabilmente da almeno otto. Il signor Flip non ci era mai entrato, nemmeno per sfogliare un libro sui pittori impressionisti. E anche quella mattina, se non fosse stato per la ragazza bionda e per quel suo sguardo in cui aveva riconosciuto felicità, non gli sarebbe saltato in testa di farlo. Con una rapida occhiata, vide che le ragazze erano sparite dall’angolo in cui le aveva scorte. Possibile che fossero già andate via? Si stava avviando all’uscita deluso, quando le vide. Si erano spostate nel reparto dedicato ai viaggi. Forse avevano preso in mano un libro sulla Grecia o sul Portogallo, o forse sognavano di andare in India... I loro occhi brillavano, le loro bocche sorridevano mentre a voce bassa si scambiavano idee e sogni che forse non avrebbero realizzato mai. Ed eccolo di nuovo quel suo “io” interiore pessimista e triste che scalciava per riemergere. Era stato col signor Flip troppo tempo per sentirsi messo da parte. Perché i sogni di quelle due ragazze non potevano diventare realtà? Non era successo anche a lui di arrivare dove aveva voluto? Solo adesso si rendeva conto che la sua vita era stata permeata dalla tristezza e dalla solitudine? Allora si costrinse a chiedersi: “Quand’è stata l’ultima volta che ho riso a crepapelle?” Sorrise mestamente pensando che non sapeva nemmeno che suono avesse la sua risata.
Il signor Flip passò vicino alle due ragazze. Se lo notarono, non lo diedero a vedere. Continuavano a parlare. La bionda aveva in mano un libro chiuso. La copertina era inconfondibile “Una gondola che passava sotto il ponte di Rialto sul Canal Grande.” Ecco dove pensavano di andare: a Venezia…
Il signor Flip avrebbe voluto fermarsi a parlare con loro. Conosceva Venezia quasi come le sue tasche, avendo studiato proprio lì. Erano i favolosi anni sessanta. A quel tempo, divideva un piccolo appartamento con un suo conterraneo, taciturno come lui. Il Canal Grande, era a pochi passi dalla sua abitazione. Nonostante non avesse avuto esperienze esaltanti, il signor Flip serbava Venezia nel cuore. Avrebbe dovuto rimanere lì, quello era il posto da dove avrebbe potuto svegliarsi da quel suo torpore. Lontano da casa, lontano dal suo mondo. Ma non aveva osato nemmeno pensarci. Alla fine degli studi, aveva ripreso la sua vita sbiadita e silenziosa. Si riscosse prontamente dai suoi ricordi e si allontanò velocemente dalla libreria. Altrettanto velocemente, rientrò nella sua galleria, prese il ritratto della ragazza, uscì e rientrò in libreria. All’angolo dei viaggi, non c’era più nessuno. Cercò da per tutto ma la ragazza e la sua amica, erano sparite. Era bastato un attimo e se n’erano andate.
Il signor Flip guardò quel foglio che ritraeva la ragazza. Aveva pensato di regalarglielo, ma era arrivato troppo tardi. Rientrò in negozio, ma invece di farsi prendere dalla tristezza, decise che quel dipinto, lo avrebbe esposto nella sua vetrina. Quel volto, racchiudeva in sé bellezza, felicità e serenità. Eppure… non sapeva nulla di lei. Non ne conosceva nemmeno il nome. Probabilmente non l’avrebbe più rivista in tutta la sua vita. Se fosse successo però, avrebbe voluto dirle che quel mattino, qualcosa era cambiato dentro di lui. Che senza fare niente, lei lo aveva aiutato a riflettere sul significato della sua esistenza, che grazie a quel libro che le aveva visto in mano, sarebbe tornato a Venezia. Avrebbe cercato la sua stanzetta di un tempo. E lì, finalmente felice e sereno, avrebbe iniziato una nuova vita e dipinto con occhi nuovi, il Canal Grande e le sue gondole.
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